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Alle urnePARTECIPAZIONE POLITICA E DISAFFEZIONE AL VOTO

La presente tornata elettorale fa tornare d’attualità il tema dell’affluenza alle urne, costantemente in calo negli ultimi decenni. In Italia, tradizionalmente, si registra un alto tasso di votanti. Se nel 2 giugno 1946 oltre l’89% degli aventi diritto al voto partecipa al referendum per scegliere tra la monarchia e la repubblica e per l’elezione dell’Assemblea Costituente, il 18 aprile 1948 più del 92% vota alle elezioni della Camera e del Senato. La partecipazione rimane massiccia, tra il 92% e il 93% circa, fino alle elezioni politiche del 1976, risulta in leggero calo a partire dal 3 giugno 1979 (90,62% per la Camera, 90,69% per il Senato), ma, comunque, rimane alta (intorno all’87%) fino al 1992, alla vigilia di Tangentopoli. Dopo il tracollo dei partiti della cosiddetta Prima Repubblica, l’affluenza è in costante crisi, fino ad arrivare all’oltre 72% delle scorse politiche del 4 marzo 2018 e a percentuali inferiori al 50% al ballottaggio per le elezioni dei sindaci in diverse grandi città e del 20% all’ultima tornata referendaria, il cui massiccio astensionismo è legato anche alla scarsa chiarezza dei quesiti referendari stessi. Perché questa crescita costante dell’astensionismo? In primo luogo, per la crisi dei partiti, che hanno perso molta credibilità. A ciò si aggiungono l’indebolimento di una loro certa funzione sociale, che un tempo avevano come luoghi d’incontro e di dibattito, e della capacità di mobilitazione delle masse. Le stesse proposte dei vari partiti non sempre sono ben definite, o perché rincorrono l’elettorato con promesse populistiche caratterizzate da vaghi slogan (fenomeno non solo italiano) o perché i programmi tendono, in qualche modo, ad assomigliarsi su vari temi. Per quanto riguarda le ultime elezioni politiche, la stessa legge elettorale, il “Rosatellum” con le liste bloccate, non invita certo alla partecipazione. Oltre alla sfiducia nei confronti dei partiti, c’è da considerare un dato demografico: la partecipazione risulta più alta tra gli anziani, più abituati a considerare l’esercizio del voto come un dovere civico; l’astensionismo è più alto tra i giovani, meno interessati alla partecipazione alla vita politica e più inclini ad altre forme di impegno come il volontariato. La stessa aumentata mobilità delle persone, è un’altra causa: mentre per gli Italiani all’estero è possibile inviare il proprio voto per posta, per i quasi 5 milioni di fuori sede nel territorio italiano, soprattutto studenti universitari ma anche numerosi lavoratori, l’unica soluzione per votare è tornare nel proprio comune di residenza. Molti fuori sede vi rinunciano perché troppo costoso, nonostante le riduzioni sui biglietti, o per la distanza. C’è solo da auspicare che in un futuro prossimo i partiti riconquistino credibilità e facciano riavvicinare i cittadini alla partecipazione alla vita politica, a partire dall’esercizio del diritto/dovere del voto: è in gioco la solidità della nostra democrazia.


di Alessandro Di Bella



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