Alzati!”, “Kum!”, “Vieni fuori!”
- taborsettepuntozer
- 27 apr
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Il kèrygma è il cuore dell’annuncio del Vangelo, la verità di fede che ogni cristiano è chiamato a custodire nel cuore e a trasmettere,è ciò che troviamo espresso nella 1 Cor 15, 3-4 di San Paolo: “Vi ho trasmesso, dunque, anzitutto, quello che anch’io ho ricevuto: che cioè Cristo morì per i nostri peccati secondo le Scritture, fu sepolto ed è risuscitato il terzo giorno secondo le Scritture”. Cristo morì, fu sepolto ed è risuscitato, anzi, rispettando la diatesi passiva del verbo greco, dovremmo tradurre “è stato risuscitato”, con il cosiddetto “passivo teologico” che sottintende l’autore dell’azione, cioè Dio padre. Per Paolo la Resurrezione è la verità di fede sulla quale si fonda tutto il messaggio cristiano: “se Cristo non è risorto, è vana la vostra fede e voi siete ancora nei vostri peccati” (1 Cor 15, 17).
Da una prospettiva umana, la tomba vuota esula dalla consequenzialità del pensiero razionale e genera un “salto”; quando insieme a Maddalena ci troviamo di fronte al sepolcro vuoto, siamo indotti a trovare una spiegazione unicamente trascendentale, svilendo il dato oggettivo, l’evento della Resurrezione come fatto storico. Il pericolo è di rimanere intrappolati in meccanismi speculativi che privilegiano il dato trascendentale a discapito della realtà oggettiva.
Verità oggettiva e trascendentale sono compresenti nei dogmi dell’Incarnazione, della Morte e della Resurrezione di Cristo, non si può prescindere dall’una o dall’altra, sono i pilastri della storia della salvezza, dell’alleanza con l’uomo a cui Dio si mantiene fedele. La Resurrezione è l’inizio di una nuova creazione, a partire dal “fiat”, dal “sì” di Gesù, che con umiltà si fa servo per amore: “Padre mio, se questo calice non può passare via senza che io lo beva, si compia la tua volontà” (Mt 26, 42). Tutto di Gesù ci parla di Resurrezione, a partire dai miracoli in cui ridà la vita al figlio della vedova di Nain, alla figlia di Giairo, a Lazzaro: le parole pronunciate in quelle circostanze, “Alzati!”, “Kum!”, “Vieni fuori!”, sono rivolte anche a noi. Egli ci chiama a una nuova esistenza, alla Vita vera, a Lui; a una vita come dono agli altri, accanto ai malati, ai peccatori, agli ultimi, e ciò che si può definire il paradosso dell’amore cristiano, “…colui al quale si perdona poco, ama poco” (Lc 7, 47), si configura come la massima espressione del valore che la vita ha per Cristo. La nostra Resurrezione è a partire da Lui, in questa vita.
di Tinuccia Russo

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