Andrà tutto bene?
Gli ultimi mesi hanno messo a dura prova tutti noi, in modi e misure diversi, a causa dell’epidemia da covid 19. Che l’esperienza ci abbia reso migliori e che si risolverà positivamente è tutto da vedere… Un virus di provenienza e caratteristiche sconosciute, oltre che imprevedibile, ha messo in ginocchio i sistemi sanitari di mezzo mondo (i pazienti adagiati sul pavimento delle corsie, l’insufficienza delle sale di terapia intensiva, l’elevato numero di vittime non sono stati un’allucinazione collettiva), con conseguenze psicologiche, economiche e sociali prima inimmaginabili. Abbiamo scoperto che abitare il villaggio globale comporta
anche dei rischi, oltre che dei vantaggi: infatti, l’epidemia partita (forse) dalla Cina, in breve tempo è dilagata silenziosa ed è esplosa mietendo milioni di vittime. Così, il sistema sanitario mondiale, che sembrava avere soluzioni e strutture per ogni necessità, è saltato, facendoci piombare nel panico e facendoci prendere temporaneamente coscienza della nostra fragilità.. Poi, è venuta la chiusura delle frontiere, degli uffici, delle scuole, di tutte le attività commerciali non essenziali e di intere nazioni (una misura necessaria?, Tempestiva? Efficace?) e se il distanziamento sociale è stata una misura indifferibile per ridurre il pericolo del contagio, la limitazione degli spostamenti e la solitudine hanno sollevato il problema della limitazione della libertà personale. Non siamo, per questo, diventati più sensibili verso il prossimo: anzi, abbiamo cercato l’untore di turno, che fosse il cinese, il migrante, il giovane: così da vittime siamo diventati carnefici della libertà e della dignità altrui. La stagione estiva ha fatto allargare le maglie dei controlli e ci ha fatto cancellare con un colpo di spugna il pensiero del virus incombente. Così, tutti al mare o in montagna, anche fuori dai confini nazionali, ad inseguire l’illusione del divertimento (non solo i giovani) e della possibilità di recuperare il tempo perduto; il senso di precarietà del periodo della chiusura forzata, che aveva spinto molti a riscoprire l’essenzialità, è evaporato ed abbiamo fatto marcia indietro: le frustrazioni ed i malesseri amplificati dalla quarantena sono esplosi in comportamenti irrazionali e violenti. Ora, giunti alla fine della stagione vacanziera, nuove ombre si allungano sulla nostra libertà di gestire autonomamente il tempo e gli spostamenti: mascherina sì, mascherina no; discoteche sì, discoteche no; scuole aperte, didattica a distanza; lavoro in presenza o smart working… E’ un momento di crisi. Come affrontarlo? Con una radicale chiusura al mondo e ai rapporti interpersonali, con una vita basata sulla paura e condizionata dai dati sui contagi oppure con un equilibrato rapporto tra libertà personale e rispetto verso l’altro? Oriana Scampitelli
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