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Armida Barelli - La “sorella maggiore”

Il 30 aprile a Milano sarà beatificata una donna dal carisma eccezionale, Armida Barelli (1° dicembre 1882, Milano – 15 agosto 1952, Marzio, Varese) che in un libro scritto dal vicepostulatore della causa, Ernesto Preziosi, con prefazione di papa Francesco, viene definita “la zingara di Dio”.

Il suo incontro con il Signore Gesù non fu una folgorazione ma un graduale abbandonarsi a lui, un seguire docile lo Spirito Santo che la condusse progressivamente da un mondo lontano dalla pratica religiosa qual era quello della ricca famiglia borghese dalla quale proveniva, alla scoperta della forza totalizzante dell’amore di Dio che la portò a cercare il posto giusto in cui Dio la voleva. Con la sua intensa vita spirituale, la sua geniale attitudine organizzativa, il suo instancabile impegno nell’apostolato ha precorso i tempi contribuendo ad aprire strade nuove per l’emancipazione e il riconoscimento della dignità e del ruolo della donna nella società civile e nella Chiesa.

Decisivo nella sua vita fu l’incontro con il frate francescano padre Agostino Gemelli, conosciuto nel 1910 quando l’Italia viveva il suo controverso transito da un secolo all’altro. Con lui e con altri fondatori ella diede vita all’Università Cattolica, tuttora centro di irradiazione della cultura nel nostro Paese e malgrado tanti sarcastici oppositori, si batté per intitolarla al Sacro Cuore al quale era invincibilmente devota. Diventerà la formidabile e indispensabile “cassiera”, colei che facendo la questua presso i ricchi ma anche tra le persone meno abbienti si dedicherà alla ricerca dei fondi per la realizzazione e il mantenimento di quest’opera culturale così prestigiosa. La fiducia incrollabile nel Sacro Cuore, capace di compiere insperate meraviglie, non l’abbandonerà mai. Nel 1918 il cardinale Ferrari le affidò il compito di fondare la Gioventù Femminile di Azione Cattolica milanese, e di organizzare incontri con giovani donne allo scopo di colmare la loro ignoranza e di approfondire problemi teologici e sociali per combattere la propaganda marxista. L’esperienza positiva di Milano spinse papa Benedetto XV ad affidarle lo stesso compito ma a livello nazionale, e malgrado titubanze e timori iniziali, obbedì al papa facendo dell’Italia la sua terra di missione. La Gioventù femminile di Azione cattolica si diffuse in tutte le diocesi italiane aggregando migliaia di associate e lei ne divenne la presidente anche se preferì essere chiamata “sorella maggiore”, più grande delle altre socie solo per impegno e responsabilità. Armida viaggiò per tantissimi anni lungo la penisola per adunare le giovani che risposero con entusiasmo; non perdeva mai tempo, in treno lavorava o pregava trasformando le difficoltà in opportunità, i sogni in realtà concrete e generative. Fu una donna moderna e intraprendente che mise il suo impegno di fede al servizio del cambiamento della società attraverso la cultura. Si rendeva conto che le donne non avevano voce e proponeva loro un cammino esigente di formazione religiosa e culturale, le invitava ad uscire dagli schemi tradizionali e ad impegnarsi in tutti i settori: familiare, lavorativo, politico, ecclesiale, avendo come fondamento l’eucaristia, l’apostolato e l’eroismo.

Con lei ebbi un incontro personale a Messina, vicino alla chiesa che si trova nei pressi del Tribunale e mi abbracciò, sollecitando me e le altre giovani a non avere paura di parlare nel nostro apostolato dei pericoli dell’ideologia comunista. Era il tempo in cui, dopo la fine del regime e della seconda guerra, le donne per la prima volta erano chiamate a votare ed era necessario formare bene le coscienze. In lei c’era una forte appartenenza alla Chiesa e il suo motto era: “Dentro la Chiesa, fedele al papa”, quindi ci sollecitava alla vita attiva dentro le comunità parrocchiali mediante l’impegno nella liturgia, nella catechesi e nella carità. Nel 1919 aveva fondato insieme a padre Gemelli, l’Istituto Secolare delle Missionarie della Regalità di Cristo e con lui anche l’Opera della Regalità di Nostro Signore Gesù Cristo per la diffusione della liturgia. La Barelli con le sue intuizioni anticipò il rinnovamento liturgico promosso dal Concilio Vaticano II che introdusse l’uso della lingua del popolo nella liturgia. Anche nella nostra parrocchia a Santa Maria Assunta arrivava il giornalino “Squilli di risurrezione” con le letture della Bibbia in italiano ed io ricordo che il parroco di allora, padre Stefano La Rosa, mi permetteva di leggerle durante la celebrazione affinché la gente sentisse e capisse. Era il periodo in cui sospinta dal suo esempio, come propagandista andavo a diffondere il vangelo nelle periferie più povere della nostra Pozzo di Gotto: rione Panteini, Massalini, Pizzo Castello. Fervida era in quel periodo l’opera di formazione spirituale e di discernimento vocazionale. Purtroppo nel 1949 questa donna così dinamica si ammalerà di paralisi bulbare condannandola all’immobilità, all’incapacità di parlare e poi alla morte. Il Signore Crocifisso alla cui passione è stata configurata le accorderà la grazia di morire nel sonno e non soffocata. Si spegnerà a Marzio in provincia di Varese nel 1952, il 15 agosto nella festa dell’Assunzione della Vergine Maria, come era suo desiderio. È sepolta dal 1953 nella cripta della cappella dell’Università Cattolica del Sacro Cuore a Milano. La sua beatificazione la pone come esempio luminoso per tutti noi laici affinché con una fede consapevole e matura viviamo il nostro battesimo santificandoci giorno per giorno nell’impegno civile ed ecclesiale.

di Giuseppina Grasso



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