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Breve profilo di Bartolo Cattafi Poeta Barcelgottese

Bartolo Cattafi (Barcellona PG, 1922-Milano, 1979) è considerato dalla critica più accreditata come uno dei maggiori poeti italiani del Secondo Novecento. Raccolse l’eredità ermetica di Quasimodo ma mutò la sua poetica secondo una direttrice oggettuale/esistenziale più montaliana tipica di quella che viene definita la “linea lombarda”. Dopo gli studi classici si iscrisse alla facoltà di Giurisprudenza di Messina ma la seconda guerra mondiale interruppe bruscamente, sebbene momentaneamente, la sua formazione. Al termine della guerra si trasferì a Milano tendando la via del giornalismo e della pubblicità; fece in questo senso poca fortuna ma iniziò, anche grazie ad una serie di fortunate amicizie, a scrivere poesie molto apprezzate dai suoi compagni di studi. La prima raccolta di poesia pubblicata da Cattafi fu “Nel centro della mano” del 1951. Nel 1964 pubblicò la sua raccolta maggiore, L’Osso l’anima, che anticipa temi e atmosfere linguistiche della poesia successiva. La raccolta, in occasione del centenario della nascita del poeta, è stata ristampata con la prefazione dello studioso Diego Bertelli che scrive “Sempre all’erta di fronte al dubbio e all’imprevisto, la poesia di Cattafi giunge ai suoi esiti stilistico-espressivi più originali, mescolando la carica conoscitiva che appartiene ai generi aforistico ed epigrammatico allo schiudersi nostalgico di una vena memoriale. L’elemento autobiografico, così intimamente connaturato alla lirica cattafiana, è rielaborato fino a farsi espressione più alta di un destino tragico ma necessario”. Tornato in Sicilia alla fine degli Anni Sessanta, stabilendosi a Mollerino di Terme Vigliatore, qui visse e operò fino al 1979, anno della morte che tuttavia sopravvenne a Milano, dove era ricoverato in una clinica di Cimbro. Il suo nome, stimatissimo da poeti come Sereni, Raboni, e da critici come Baldacci, Bo e altri, viene considerato dai giovani poeti e critici attuali come una figura di culto dell’ambito letterario, anticipatore e prefiguratore della poesia attuale sebbene già in vita fu appartato e poco valorizzato. Alla sua morte il Comune di Barcellona Pozzo di Gotto gli ha dedicato (e organizzato fino al 2010, per un totale di dodici edizioni) un premio letterario di valenza nazionale, al quale hanno partecipato i maggiori nomi della poesia italiana come Spaziani, Raboni, Bellezza, Cerami, Villa, Viviani, Scialoja e tanti altri. Così ben sintetizza Paolo Ruffilli l’esperienza poetica cattafiana: “Il paesaggio tipico di tutta la produzione di Cattafi, pur nelle poche varianti di regioni nordiche, è quello mediterraneo della terra bruciata dal sole, degli ulivi, delle case a calce, delle bianche nuvole di passaggio, del mare; paesaggio descritto e interpretato, che si identifica con una situazione esistenziale insieme arida e ricchissima. Gli oggetti fantastici sono i “mostri” (nel senso del vocabolo latino) frutto dell’immaginazione o del sogno o della stessa lucidità visionaria, occasione per salti di prospettiva e di angolazione, nel viaggio spesse volte tentato, con sprezzo e slancio vitale, verso il buio e l’inconoscibile. La poesia di Cattafi è un diario di immagini, un album di istantanee, di fotogrammi ritoccati, in cui il procedimento è quello dell’accumulo nominale, in didascalie che hanno, oltre il loro risvolto descrittivo, i caratteri delle illuminazioni oniriche”.



Accoglimi: un grido! Bartolo Cattafi, poeta “barcellonese”. A cento anni dalla nascita. Oggi ignorando tutto

di questo giorno,

se d’Avvento o Passione,

ignorando i colori, le pianete,

m’inginocchio nella tua casa

sotto la tenda che portiamo ovunque

per aprirla per chiuderla a tua offesa,

aprirla ancora, nei boschi

in fuga, su secche, su frangenti,

dal capolinea a un punto della corsa.

Non frugarmi, non chiedere.

Tu sai il perché d’un labbro

che tremando si sporge più dell’altro.

Accoglimi.

Assieme ai pesci sguazzanti all’ingrasso

nell’acqua del Giordano

nella tua conca di marmo,

ai due cani

ringhiosi clandestini

che baruffano nell’angolo più buio

della tua navata (Oggi).

di Andrea Italiano

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