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Che strano Dio... L’esperienza dei pastori nella notte

Da che mondo è mondo, per ogni religione che si rispetti, Dio ama e premia i buoni, i santi, e castiga i cattivi e i peccatori. Cos'è mai allora questa novità di un Dio che “è benevolo verso gli ingrati e i malvagi”? (Lc 6,35). Se Dio adesso si comporta così, davvero non c'è più religione! È ciò che succede nel Vangelo di Luca fin dall'inizio con l'annuncio della nascita di Gesù ai pastori. Se l'evangelista Matteo privilegia la dimensione universale ponendo come messaggeri del Signore i Magi (Maghi!) pagani, che in Israele erano ritenuti i più lontani da Dio ed assolutamente esclusi dalla salvezza, Luca mette in rilievo la realtà degli 'anawim', degli oppressi, gli ultimi, gli emarginati, come lo erano i pastori all'interno della società giudaica.

Per comprendere correttamente il messaggio di Luca, occorre collocare l'episodio dei pastori nel suo tempo e nella sua cultura, evitando l'errore di occidentalizzare e attualizzare il brano come se fosse opera di uno scrittore occidentale. Quando pensiamo ai pastori di Betlemme l'immagine va spontaneamente ai personaggi del presepe, gli amabili e romantici pastorelli che portano doni al Bambinello. Al tempo in cui è vissuto Gesù, i pastori non godevano di alcun diritto civile ed erano considerati i paria della società, rifiuti umani, peccatori per eccellenza, perché a forza di stare con gli animali erano diventati animali anche loro. Erano i primi della lista, unitamente a pubblicani e prostitute, che il Messia alla sua venuta avrebbe annientato eliminandoli fisicamente, perché erano ritenuti responsabili del mancato avvento del Regno di Dio. Servi mal pagati e sfruttati dai proprietari delle greggi, i pastori sopravvivevano rubacchiando ai padroni o ad altri pastori.

Costretti a vivere sui monti e nei pascoli per lunga parte dell'anno, a contatto solamente con le bestie, erano ritenuti dei bruti, pericolosi selvaggi che non era consigliabile incontrare. Esclusi dal Tempio e dalla sinagoga, era negata loro anche la possibilità di testimoniare in quanto non erano credibili; in buona sostanza per loro non vi era alcuna possibilità di salvezza. Era così tanta l'avversione verso di loro che perfino il Salmo 23 turbava gli scribi, gli studiosi della Torah.

Come poteva il re Davide (anche lui in gioventù era stato un pastore), ispirato da Dio, scrivere : “Jahweh Ro'i - Il Signore è il mio Pastore”? (Sal 23,1). Ma il Signore è il Dio dell'impossibile. Ai pastori per primi “un angelo del Signore” (Lc 2,9) annuncia la nascita del Figlio di Dio, provocando in loro paura e sgomento, infatti “furono presi da un grande spavento”(Lc 2, 9) pensando fosse giunta la loro ora. Ma con Gesù si palesa il vero Volto di Dio. Infatti l'angelo, anziché proclamare che era giunto quel Messia che li avrebbe annientati, li rassicura : “Non temete!” e annunzia loro: “Per voi è nato il Salvatore” (Lc 2,11). Aspettavano quel castigo di Dio che avrebbe dovuto “far piovere brace, fuoco e zolfo, ed un vento bruciante” (Sal 11,6) su di loro, ed invece “la Gloria del Signore li avvolse di luce” (Lc 2,9). La Gloria del Signore, ovvero il suo Amore, li avvolge, li abbraccia inondandoli della sua Luce, della sua Vita divina. Proprio a loro è riservata “una grande gioia” (Lc 2,10), perché il Signore proprio, per coloro che dalla religione sono ritenuti insalvabili, è venuto a portare non la distruzione e la morte, ma la salvezza e la vita eterna. Per tutto questo e per ogni manifestazione della sua misericordia sia resa “Gloria a Dio nell'alto dei Cieli, e pace in terra agli uomini che Egli ama”. (Lc 2,14)

Buon Natale a tutti!


di Santino Coppolino



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