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Ci è stato dato un Figlio La cura di ogni vita

«Un bambino è nato per noi, ci è stato dato un figlio» (Is 9,5). Le parole del profeta Isaia risuonano con più insistenza nel mio cuore in questi giorni che ci preparano a rivivere il mistero del Natale di Gesù di Nazareth, il nostro Maestro e Signore. Non è affatto facile guardare alla vita con speranza in questo nostro tempo in cui segni di morte, di angoscia e disperazione attanagliano le nostre esistenze. Senza numero sono i bimbi morti prima di venire al mondo, rifiutati in cambio di una pseudo libertà, perché frutto di violenze sessuali, di incontri “mordi e fuggi” o semplicemente perché inopportuni, scomodi per uomini e donne che intendono esercitare la loro sessualità senza coniugarla con la genitorialità, con la responsabilità dell’apertura al dono della vita. E quante bambine e bambini morti a causa delle guerre, delle carestie, della mancanza di cura o annegati nel Nostro Mare, tenero pasto dei pesci ma soprattutto di voraci predatori umani. Dovremmo diventare insonni anche al pensare al numero elevato dei fanciulli maltrattati e violentati da adulti che dovevano invece averne cura. Il mondo ci appare scandalosamente corrotto, malato, perverso, senza possibilità di redenzione, avvolto in quelle stesse tenebre che circa duemila anni fa non hanno riconosciuto e accolto la Luce vera, quella che illumina ogni uomo. Per grazia di Dio però quelle tenebre, come ci testimonia la Sacra Scrittura, non hanno vinto la Luce (cf Gv 1,1-18) e tanti sono i segni e i semi di speranza che devono spingerci a non temere, a fidarci, a metterci in cammino come i magi e i pastori. Il Natale ancora una volta ci ricorderà che il Signore è venuto, viene ogni giorno, verrà nella gloria alla fine dei tempi per giudicare i vivi e i morti. Occorre ogni giorno, e non solo a Natale, affinare il nostro udito per ascoltare la Parola del Vangelo che ci chiama a cambiare, a fare posto nelle nostre famiglie, nelle nostre chiese, nei nostri luoghi di lavoro alla buona notizia di un Dio che si è fatto bambino fragile e indifeso, “sceso dalle stelle” per donarci liberazione da tutto ciò che ci rende infelici. Certo, occorre chiedersi se il Bambino di Betlemme, l’Emmanuele, il Salvatore interessa ancora all’umanità della postmodernità. La domanda è legittima. Io credo di sì. Malgrado siano tanti coloro che si accontentano di pensare a Gesù come tenera statuina nel presepe, ci sono anche coloro che si aprono all’incontro con Gesù vivo e vero, un Gesù più scomodo, che mette in crisi ma che rivela il volto vero di un Dio che continua a preparare cose sorprendenti nell’oggi della Storia e delle nostre vicende individuali.


di Pina Torre



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