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Cosa si muove in Afghanistan

Non sono trascorsi molti giorni dall’11 Settembre, una data che rimane scolpita nella memoria collettiva dell’occidente e del mondo intero. Dall’attacco alle Torri Gemelle situate nel cuore pulsante di New York e al Pentagono di Washington, in cui persero la vita migliaia di persone, sono passati vent’anni ma il ricordo di quella drammatica giornata è ancora vivo così come si protraggono fino al presente gli effetti prodotti da questo tremendo attentato voluto dai terroristi di Al Qaeda. Tra le prime e immediate risposte che gli Stati Uniti e i Paesi occidentali, tra cui l’Italia, misero in atto all’indomani dell’atto terroristico vi fu la decisione di invadere l’Afghanistan, paese governato dal 1996, secondo i precetti della Shari’a, dai Talebani (da “talib”, studenti delle scuole religiose esclusivamente maschili), “colpevoli” di aver dato rifugio a Osama bin Laden, il capo di Al Qaeda. Sin da subito questo conflitto sul suolo Afghano - come tutti i suoi antecedenti nella storia - si è rivelato più complesso del previsto a causa da un lato della struttura geografica del territorio e dall’altro dalla frammentazione etnica, sociale e culturale della popolazione causa di guerriglie e lotte intestine tra gruppi autoctoni diversi (due tra i principali: il gruppo dei Pashtun e quello degli Hazara). Nell’estate che si è appena conclusa il Presidente USA Biden ha dichiarato terminata l’operazione militare in Afghanistan e il 31 Agosto scorso hanno lasciato definitivamente il Paese le ultime truppe americane e, insieme con loro, quelle dei paesi europei che avevano preso parte al conflitto. In mezzo ci sono stati vent’anni di guerra contrassegnati da migliaia di vittime tra militari e civili - su tutti ricordiamo il maggiore La Rosa, nostro concittadino, vittima di un attacco nel giugno del 2013 - dall’abbattimento del regime talebano e l’instaurazione di una forma di Stato e di governo ispirata alle democrazie occidentali, dal succedersi alla Casa Bianca di ben quattro Presidenti e dall’uccisione nel 2011 di Bin Laden (primo obiettivo, questo, delle truppe occidentali)…

Tutto quello che la guerra ha significato in termini politici, economici e di vite umane sembra essere stato vanificato dalla rapida riconquista del potere operata dai gruppi talebani che in brevissimo tempo, mentre l’occidente si preparava alla ritirata, ha messo in fuga il premier in carica, fatto arrendere le truppe governative - addestrate e armate da americani ed europei - e ripreso il governo della nazione facendo piombare nel caos le città e costringendo alla fuga disperata quelle fasce di popolazione che avevano creduto e lavorato per una modernizzazione dell’Afghanistan e ora minacciate di morte, colpevoli di aver collaborato con gli invasori infedeli; stessa sorte è toccata alle minoranze religiose - primo fra tutti il piccolo gregge dei Cristiani - che avevano visto qualche spiraglio di libertà e che adesso viene oscurato, silenziato e soffocato nel sangue. La veloce narrazione dei fatti, per fare sintesi, non vuole semplificare quella che è una complessa e articolata vicenda attorno alla quale hanno ruotato sin da subito e continuano a ruotare sì valori quali la democrazia e la libertà ma anche, in un modo più velato, interessi economici e commerciali delle super potenze visto che l’Afghanistan - Paese tra i maggiori produttori al mondo di oppio da semi di papavero - si trova in una posizione geostrategica: territorio senza sbocco sul mare, passaggio chiave sulla strada tra Russia e India e terra “cuscinetto” che confina tra gli altri con la Cina, l’Iran e il Pakistan.

Considerando ciò quali movimenti politici ed economici stanno sotto la vittoria dei Talebani? Chi ha finanziato e armato e continua a farlo questi gruppi di guerriglieri? Perché già nel febbraio del 2020 in Qatar, l’allora presidente statunitense Trump incontrava i talebani e stringeva accordi commerciali e politici con loro mentre c’era in carica un governo riconosciuto dagli organi internazionali? Quale ruolo hanno giocato e continuano a giocare in questo contesto Russia, Cina, Turchia ed Emirati Arabi, Paesi questi sempre più in competizione sullo scacchiere internazionale con gli Stati Uniti e le nazioni della Nato? Quali gli interessi nell’appoggiare questo governo piuttosto che quello precedente sponsorizzato dall’occidente che certamente aveva ed ha anche i suoi di interessi in campo?…

Anche se a tutto ciò noi da soli non possiamo dare una risposta, sono interrogativi questi, insieme a molti altri, che non si possono non tenere a mente mentre si assiste al dramma di migliaia di donne, uomini e bambini in fuga dalle loro case: anche solo volgere lo sguardo e andare un po’ più al fondo delle questioni, mentre le luci dei riflettori lì si spengono, ci aiuta almeno un po’ ad uscire dall’indifferenza e dall’autoreferenzialità a cui il nostro mondo ci sta sempre più abituando.



di Gabriele Panarello

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