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Cristiani e musulmani Il dialogo deve continuare

Puntualmente, dopo ogni attentato, si scatenano accese polemiche. Per alcuni, questi atti sono conseguenza diretta dell’identità religiosa degli attentatori, per altri invece la religione, anche se presente, non rappresenta il fattore determinante. Da qui opposte reazioni. Per i primi, i giudizi sull’immigrazione di provenienza islamica diventano condanne pregiudiziali, per i secondi, si devono condannare gli attentatori, ma senza criminalizzare interi popoli. Questo schema ci aiuta a chiarire cosa sta succedendo nella comunità ecclesiale. Preoccupa molto infatti che una parte di cattolici polemizzi aspramente contro papa Francesco, accusato di non volere contrastare la diffusione dell’islam. Che dire? Il dialogo con l’Islam non è nato oggi, ma ben 55 anni fa, con la Dichiarazione conciliare “Nostra Aetate”, un testo breve, ma denso, che invita ad “esercitare sinceramente la mutua comprensione, nonché a difendere e promuovere insieme, per tutti gli uomini, la giustizia sociale, i valori morali, la pace e la libertà”. Nel 1986 Giovanni Paolo II promuove l’incontro interreligioso di Assisi che la Comunità di Sant’Egidio ripete annualmente. Importante il recente documento sulla “Fratellanza umana”, sottoscritto dal Papa e dal Grande Imam di Al Azhar (Abu Dhabi, 4 febbraio 2019), ma da anni sono molte le iniziative di dialogo (nella nostra diocesi comunità cattolica ed islamica si incontrano da tempo).

Nessuno si illude che un miliardo di cattolici ed un miliardo di islamici siano già in dialogo. Il cammino è ancora lungo e difficile. Persistono resistenze e contrarietà di cui bisogna tenere conto, ma non ci sono alternative al dialogo per poter isolare i violenti. Prima di Papa Francesco lo conferma l’opposizione di Giovanni Paolo II alla guerra in Iraq che se non ha impedito il conflitto, ma ha delegittimato l’uso della religione in guerra. Pensare di rispondere agli attentati con la violenza vuol dire non capire la strategia di chi vuole scatenare lo scontro di civiltà. Il dialogo interreligioso comunque non basta. La Costituzione italiana difende la libertà religiosa di tutti e, quindi, anche la libertà di chi decide di cambiare confessione religiosa o di non averne nessuna, deve essere tutelata. Le culture, anche quelle religiose, possono cambiare perchè non si ereditano con il DNA, ma si trasmettono con l’educazione. Un compito essenziale lo svolge quindi la scuola per la formazione di idee e comportamenti rispettosi delle differenze, anche religiose. L’interculturalità, che stimola al confronto libero ed aperto, è l’antidoto migliore alla nascita di comunità chiuse, impermeabili ai valori costituzionali, come rischia di fare il multiculturalismoche crea società parallele.




di Dino Calderone

 
 
 

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Creato da Filippo Maniscalco

Gestito Antonino Cicero

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