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Da Francesco a Leone Lungo le strade degli uomini

Come e dove annunciare il Vangelo di Cristo in un mondo che sta cambiando o, meglio, che è già cambiato?

Questi interrogativi di fondo che, ormai, da anni, quanto meno ci poniamo nella nostra piccola comunità parrocchiale, hanno in qualche modo segnato e caratterizzato i dodici anni di pontificato di papa Francesco.

Ciò che rimane, a sei mesi dalla sua morte, è certamente la testimonianza della sua vita, l’avere - con il suo stile “anomalo”, con la sua empatia, con i suoi gesti profetici, con il suo linguaggio semplice e diretto - non tanto trovato soluzioni quanto innescato processi capaci (forse?!) di far aprire gli occhi, le menti e i cuori di quanti sono rimasti all’interno delle chiese verso una realtà che, sempre più, dalle chiese si tiene a distanza - più per indifferenze che non per scelta - e a cui comunque tocca annunciare e testimoniare l’amore infinito e senza condizioni di Dio.

Se questo ha caratterizzato, per sua volontà e, certamente, sotto l’influsso dello Spirito Santo, il pontificato di papa Bergoglio ad arricchire il quadro c’hanno pensato tutta una serie di nuove sfide che questo nostro tempo ha fatto emergere: la questione delle migrazioni dei popoli dal sud al nord del Pianeta, le guerre, le crisi e i nuovi assetti politici e internazionali, il cambiamento climatico con tutte le tematiche connesse alla tutela dell’ambiente, i dibattiti legati al genere sessuale, l’approccio alle nuove tecnologie e all’intelligenza artificiale, l’immagine, il ruolo e la struttura della Chiesa nel futuro… questioni queste e molte altre, emerse e che il papa non ha mancato di voler fortemente mettere al centro della vita della Chiesa senza lasciare che fossero semplicemente “anestetizzate” magari con forme tradizionaliste o pratiche pie e devozionali in grado di intiempidire il cuore degli “addetti ai lavori” ma totalmente incapaci di accendere una scintilla che sapesse di Vangelo negli animi dei “lontani”.

Come già detto, alle domande di cui sopra e alle sfide odierne non si è giunti ad una risoluzione e, probabilmente, trovarla non era nè negli intenti nè nelle concrete possibilità di un papa; ecco allora che il grande debito di riconoscenza che la Chiesa deve continuare a nutrire verso papa Francesco è proprio quello di aver profeticamente aperto strade, strade che non ci si può esimere dal continuare nel percorrerle.

Papa Leone XIV, dunque, con il suo di stile, con la sua personalità, con le sue caretteristiche, con i suoi carismi non può che proseguire nel solco tracciato, con singolare dirompenza, dal suo predecessore innescando un processo di continuità non tanto nelle forme (un papa non è mai la fotocopia di un altro!) quanto piuttosto nei contenuti.

In questi primi mesi non è mancato chi, ahimé, ha cercato di scovare nei modi di fare, di vestire, di vivere o, più in generale, nei modi di approcciarsi all’essere papa di Prevost dei segni netti di rottura con il pontificato appena concluso alla ricerca di una rinnovata - oserei dire restaurata - ordodossia cattolica o, viceversa, dei segnali forti di una continuità totale e livellante; ritengo piuttosto e, i primi atti del suo magistero lo confermano, che molto semplicemente Leone, anch’egli guidato dallo Spirito Santo, stia cercando di mettere a servizio della Chiesa, del mondo, e di ogni donna e uomo del nostro tempo la sua persona con i suoi linguaggi e con isuoi gesti e con uno sguardo proteso in avanti, ma che è consapevole di essere radicato in una storia millenaria.

Chiediamo, allora, al Signore di assistere il nuovo papa nella sua missione e di non abbandonare questa Sua barca che è la Chiesa affinché possa ancora, cum Petro et sub Petro, essere luogo di incontro con Lui e strumento di Salvezza per ciascuno.


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di Gabriele Panarello

 
 
 

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Creato da Filippo Maniscalco

Gestito Antonino Cicero

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