Dalla “casa di Ismail” in poi Testimonianza del coordinatore
“Casa di Ismail” per minori non accompagnati. I primi due anni di vita della comunità mi hanno visto impegnato nel ruolo di coordinatore. Sono stati due anni vissuti intensamente e in cui - grazie ad una équipe fortemente motivata e competente e una rete sociale importante a partire dalla stessa parrocchia S. Maria Assunta e le parrocchie di San Francesco di Paola e Giovanni Paolo II di Centineo, la Comunità di Sant’Egidio, l’oratorio salesiano, le suore Ausiliatrici, le associazioni sportive come Vivi don Bosco, Orsa Promosport e Duilia, il centro giovanile Cairoli, le varie associazioni culturali e ricreative del territorio, la vasta rete del comitato “Restiamo umani” - si è riusciti a lavorare in modo davvero corale. Poi purtroppo per motivi normativi e burocratici l’esperienza si è per qualche anno interrotta e la mia esperienza è continuata nelle due comunità per MSNA di Pace del Mela e di Milazzo. I volti e le storie dei giovanissimi migranti incontrati durante il coordinamento di queste tre comunità sono rimasti nella mia vita e molti di loro ho continuato a seguirli in vario modo. Una parte di questi giovani soprattutto sub-sahariani (maliani, gambiani, nigeriani...) sono rimasti sul territorio e lavorano soprattutto nei vivai, nell’edilizia e nell’artigianato, nella ristorazione o come magazzinieri. Gran parte dopo 4 o 5 anni del loro percorso di inserimento socio-lavorativo sono tornati, per la prima volta, a casa e in diversi casi si sono sposati con l’idea di riunirsi con la moglie appena la situazione legale e quella economico-abitativa lo permetterà. Nel frattempo alcuni di loro con le loro rimesse non solo hanno permesso alle famiglie di origine di pagare i debiti contratti per rendere possibile il viaggio, ma li hanno aiutati nelle piccole attività economiche di famiglia e contribuito a sistemare delle abitazioni per le famiglie di origine e anche per la futura famiglia. Altri ex msna in particolare egiziani e marocchini sono invece andati in altre regioni soprattutto in Lombardia a lavorare in imprese edili, di impianti elettrici o di ascensori, grazie a legami familiari che gli hanno permesso di trovare lavoro e un’adeguata abitazione in tempi brevissimi. Diversi ragazzi del Bangladesh conosciuti soprattutto nel periodo luglio 2019 gennaio 2021 in cui coordinavo le comunità di Pace e Milazzo si sono trasferiti a Genova o a Monfalcone a lavorare nella cantieristica navale. In questo caso nonostante tutte le preoccupazioni per le notizie circolanti rispetto allo sfruttamento dovuto al sistema dei subappalti in questo settore in effetti continuo a raccogliere testimonianze di soddisfazione per questa scelta e racconti rispetto ad una vita ricca anche di momenti di sport e attività di svago. Minore soddisfazione esprimono i giovani del Bangladesh inseriti nel circuito della ristorazione in Lombardia che lamentano contratti e salari inadeguati alle ore lavorate e una condizione abitativa in sofferenza. Dal febbraio 2021 finita l’esperienza di lavoro nell’accoglienza e tornato per fare attività di ricerca all’università di Messina ho continuato la mia frequentazione con molti giovani migranti per motivi legati all’indagine sociologica in corso, ma anche perché dopo aver partecipato ad un’apposita formazione sono stato nominato tutore dal Tribunale dei Minorenni di Messina di diversi MSNA. Tra i miei “tutelati”, diversi sono collocati nella comunità “La Casa di Ismail” riaperta dal settembre 2021 e ciò mi ha permesso di contribuire da volontario a questa nuova stagione della comunità. Sono convinto che con l’attuale coordinatrice, l’attuale équipe e l’attuale rete associativa nonostante non manchino situazione di criticità sussistono tutti i presupposti affinché anche questi giovani attualmente ospitati possano avere un futuro dignitoso e buone prospettive di vita. Da fondatore dell’associazione di tutrici e tutori di Messina lancio un appello affinché tante altre donne e uomini di buona volontà del nostro territorio partecipino alle prossime formazioni e accettino di svolgere il ruolo di tutore. Credo con convinzione che si tratti di una modalità utile ed efficace per accompagnare nel modo giusto questi giovani futuri cittadini e anche una bellissima sfida personale per crescere culturalmente e sperimentare quella spiritualità del quotidiano di cui c’è tanto bisogno nella Chiesa di oggi.
di Tindaro Bellinvia
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