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Davide Maria SassoliUomo di speranza per tutti

“Credente sereno ma senza evitare i dubbi e gli interrogativi difficili, fiducioso nell’amore di Dio, radice del suo impegno, condiviso sempre con qualcuno, come deve essere, perché il cristiano come ogni uomo non è un’isola, ma ha sempre una comunità con cui vivere il comandamento dell’amatevi gli uni gli altri”. Card. Matteo Zuppi

La morte di David Sassoli mi ha colpito nel profondo. È stato per me un volto noto e familiare: da bambino lo ricordo come un vero e proprio “ospite a cena” visto che puntuale alle 20 con il telegiornale (tanto atteso da mio nonno!) entrava, attraverso la tv, in cucina mentre noi come famiglia eravamo tutti insieme a tavola. Mi entusiasmò nel 2009 la sua scelta di campo con la candidatura al Parlamento Europeo in quanto ne condividevo gli ideali e le profonde convinzioni, l’ho seguito in questi anni del suo impegno politico tra Bruxelles e Strasburgo e tifai - lo ammetto - persino per lui quando, anni fa, tentò senza successo di candidarsi come sindaco di Roma. In questi giorni però a tutto questo si è aggiunta la viva sorpresa del “conoscerlo” uomo di fede, come un credente che della sua professione e del suo ruolo nelle istituzioni ne ha fatto la risposta ad una vocazione cristiana e, in fondo, a pensarci bene, come poteva essere il contrario per un uomo appassionato che nei palazzi internazionali parlava di speranza, che chiedeva accoglienza, che rispettava le diversità ed esaltava le affinità ponendo davanti all’ “io” un “tu” o, meglio, un “noi, che lavorava ostinatamente per l’uguaglianza e si impegnava concretamente per rispetto dei più deboli.

Non siamo qui per scriverne l’elogio o per esaltarne il pensiero ma, semplicemente, perché ciascuno di noi che si sforza di vivere alla luce del Vangelo possa raccogliere l’eredità di questa testimonianza di vita credibile, certamente segnata, come ogni esperienza terrena, anche dal peccato e dal limite.

In un tempo di mezzo come il nostro, porta d’ingresso di un modo totalmente altro rispetto al passato di concepire la vita, la società, l’economia, la fede, le relazioni tra persone e tra Stati, i cristiani, noi piccole comunità in cammino, avremo ancora qualcosa da dire al mondo e a chi da varie angolazioni, più o meno vicine, ci guarda non se ci ergeremo solamente a strenui difensori dell’ortodossia cattolica che rischia di non essere più compresa da una cultura che non sa più decodificarne i preziosi contenuti ma se sapremo comunicare con la nostra vita, il nostro lavoro, il nostro ministero, il nostro impegno civile e laico nel quotidiano la tenerezza di un Dio incarnato che non esclude ma accoglie, che non separa ma unisce, che non condanna ma perdona e usa misericordia, che non fa differenze di popoli o di culture ma che chiama tutti ad essere fratelli, che non mortifica l’umanità ferita ma la esalta e la ama.

Dagli attestati che sono giunti da tutti gli schieramenti politici e dalle testimonianze di amici, familiari e colleghi, il presidente Sassoli di tutto questo potrà continuare ad essere considerato, nel tempo, un valido esempio, segno che un cristianesimo impegnato nel sociale e nella politica, nelle parrocchie e nelle città che non affievolisca il messaggio della fede ma ne porti la bellezza oltre ogni possibile steccato non solo è possibile ma è anche, nel concreto, fattibile.

di Gabriele Panarello



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