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… di amarti e onorarti tutti i giorni della mia vita

I 50 anni di matrimonio dei miei genitori hanno suscitato in me emozioni e ricordi che riguardano la nostra vita familiare e che saranno sicuramente simili ai ricordi e alle sensazioni di tante altre famiglie. Mi hanno spinto però anche a delle riflessioni sul matrimonio, sull’importanza che riveste nella società e come sacramento per chi, come me, crede. Mi sono soffermata, così, sul documento del Dicastero per i laici, la famiglia e la vita, “Itinerari catecumenali per la vita matrimoniale. Orientamenti pastorali per le chiese particolari”, dedicato principalmente alla pastorale di accesso al sacramento del matrimonio. Nel documento si evidenzia la preoccupazione della chiesa per la crisi della famiglia e del matrimonio, che si prova a risolvere, almeno nelle intenzioni, con una cura maggiore riservata ai fidanzati nella loro preparazione religiosa al matrimonio. Emerge dal testo la consapevolezza che la crisi del matrimonio sia strettamente collegata ad una vera e propria crisi di fede e chi frequenta le chiese è certamente consapevole di questa verità. Quante volte, con altri operatori pastorali abbiamo commentato che le difficoltà riscontrate nella catechesi dedicata ai bambini e ai ragazzi delle nostre parrocchie sono solo il sintomo di una mancanza di fede all’interno delle famiglie? Oppure quante altre volte, con triste consapevolezza, sapevamo che dopo il momento del matrimonio le giovani coppie sarebbero rientrate in chiesa solamente per chiedere il battesimo dei figli, e a cascata gli altri sacramenti? Questo succede perché chi si avvicina oggi al sacramento del matrimonio, nella maggior parte dei casi, ha una esperienza di fede molto approssimativa e non partecipa quasi mai attivamente alla vita delle parrocchie di appartenenza. Tutto questo, ci si chiede nel documento, si può risolvere con un corso di preparazione al matrimonio più “approfondito” e che faccia riscoprire ai fidanzati <<l’annuncio del Kerygma, in modo che l’amore misericordioso di Cristo costituisca l’autentico “luogo spirituale” in cui una coppia viene accolta>>? Certamente no! Emerge la necessità di una nuova evangelizzazione che ponga le basi concrete di questo secondo annuncio, che tenga però conto delle difficoltà che vivono le giovani coppie in questi nostri tempi così particolari. E qui ritorniamo al 50° anniversario di matrimonio dei miei genitori … Che differenza di approccio al matrimonio hanno avuto rispetto alle coppie di oggi? Perché la durata dei matrimoni si va man mano assottigliando o addirittura spesso si rifugge da questo sacramento e ci si rifugia nella “comodità” della convivenza, che viene vista come la soluzione più economica e facile alla decisione di mettere su famiglia? La risposta che mi sono data, in virtù dell’esperienza familiare che ho vissuto da figlia e successivamente da moglie, è che già da alcuni anni sta progressivamente venendo meno la consapevolezza del matrimonio come “sacramento della Fede”. Quel donarsi e accudirsi reciprocamente sono ancora vissuti come fondamento quotidiano del matrimonio, come punto di partenza per gettare le basi di scelte condivise, di rispetto reciproco, di accoglienza di gioie e dolori che riguarderanno la coppia in futuro? Il contesto culturale è radicalmente mutato. Ad esempio: la copertura della rete familiare che ha caratterizzato per tanti anni la società e che ha supplito in tante occasioni alle mancanze dovute ad orari lavorativi impegnativi per i genitori. Pensando ai momenti in cui i miei genitori non si potevano occupare di me o di mio fratello, emergono nei miei ricordi le figure dei miei nonni, veri educatori nella fede, che supplivano a un compito a cui, presi dalle difficoltà quotidiane, non sempre i genitori si potevano occupare. Oggi l’individualismo e la solitudine che avvolgono le famiglie, tranne alcuni casi fortunati, lasciano le coppie prima, i giovani genitori e i figli dopo, soli ad affrontare tutta una serie di avvenimenti, soli nella preparazione alla vita di fede che una volta avveniva nelle piccole chiese domestiche, che in realtà tanto piccole non erano perché formate da molte persone a cui i piccoli cristiani in formazione potevano attingere per vivere davvero la scoperta dell’annuncio, di quella evangelizzazione che avveniva in modo naturale e che oggi invece viene vissuta come un obbligo, un’imposizione per poter accedere a Sacramenti in cui neanche si crede fino in fondo. Dall’esperienza di vita dei miei genitori vedo il matrimonio come momento di cammino insieme e accompagnamento dei figli, con lo scopo condiviso di vivere la “fede” come grande dono, da cui deriva anche la capacità di avere accanto persone di cui “fidarsi”, a cui chiedere ascolto, consiglio, aiuto nel bisogno. In questo modo le coppie di sposi potranno ritornare ad essere “le colonne portanti nelle parrocchie, nei gruppi di volontariato e nelle associazioni”, non solo piccole chiese domestiche, ma architrave della Chiesa Universale.


di Micaela Parisi



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