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Dimmi, cos’è per te la famiglia?

Per molti è il luogo dell’unione e dell’amore, il luogo in cui poter essere liberamente se stessi, con la certezza che eventuali critiche trovino infine il conforto di una carezza, di un sorriso; con la certezza che la naturale partecipazione delle proprie gioie e dei propri dolori trovi calda condivisione e non raggelante ipocrisia. Non è strano che si usi il termine “luogo” facendo riferimento a delle persone che per motivi diversi possono anche essere molto distanti tra loro o non esserci più. La spiegazione è semplice: si rimanda ad uno spazio nell’intimo dell’animo di ognuno, che si nutre delle relazioni fisiche, affettive e sociali che hanno inizio col concepimento e il cui vissuto determina scelte, vittorie, sconfitte.

Per molti, invece, è sinonimo di violenza, di terrore, di odio, declinati nelle varie sfaccettature che il male assume per sedurre e distruggere. Le mura domestiche possono diventare così prigione, luogo di torture fisiche e psicologiche, mattatoio. Eppure, essa potrebbe essere detta per antonomasia “luogo della vita”, perché laddove si dischiuda una nuova vita e ci sia qualcuno pronto ad accoglierla e a difenderla, c’è una famiglia. Proprio come accade ad un’asettica sala d'aspetto di un istituto per minori abbandonati, che nasce alla vita nell’ incrociarsi degli sguardi che chiedono amore, che sono pronti a dare amore. Si può senza remore affermare che la realtà, come viva espressione dell’agire umano, sia il prodotto delle relazioni, affettive o anaffettive, esperite in famiglia, della libertà con cui l’individuo ha vissuto la propria sessualità in rapporto a se stesso e all’altro. Non è facile il mestiere di genitore; le sconfitte sono sempre dietro l’angolo. Bisogna poi vedere in cosa consistano queste “sconfitte”. Ben vengano quelle determinate dal desiderio dei figli di vivere la vita al di fuori degli schemi, dei progetti pensati da papà e mamma. Credo che questa sia la gioia più grande per un genitore: osservare una nuova vita che si dispiega in tutte le sue potenzialità, senza pretenderne il controllo, la direzione.

Quando nel rapporto umanissimo tra genitori e figli subentra la logica dell’egoismo, del possesso, tutto si gela. Oggi, come ieri, l'intimità diventa pretesto per soffocare la vita dell'altro. Subire violenza da parte del proprio padre, della propria madre è quanto di più traumatico possa accadere ad un essere umano; perché la vittima è una creatura senza difese, non solo in rapporto all'età, ma anche per un perverso meccanismo di giustificazione-accettazione di tutto ciò che viene da chi ci ha generati; e perché le ferite col tempo diventano cicatrici, memoria di sé. La cronaca elenca quotidiani orrori; gli istituti di pena ospitano molti figli che non hanno trovato ascolto, molti adulti che sono stati orfani dell’amore di un padre. La famiglia può essere luce e buio; luogo di tensioni e di pace, di conflitti insanabili e di profonda comprensione, di egoismo, che tutto a sé reclama, e di totale offerta di sé. La dialettica del rapporto tra privato e sociale si contrappone alla chiusura della logica del padre-padrone. Tutto il bello e il buono del rapporto genitori-figli è frutto di sacrificio, di abnegazione, di dono; l'unica ricompensa è quella di aver contribuito alla costruzione di una società più giusta. Il dialogo funziona; spesso anche il non detto: il muto linguaggio dei segni dell’amore, spesso si rivela più proficuo, nel ricomporre i contrasti, rispetto al riversare tutto il risentimento, tutte le frustrazioni che alimentiamo nell’ intimo. Qual è il luogo più adatto per lavare i panni sporchi? Ovvia la risposta, ma sempre nel rispetto della vita dell'altro, sento di dover aggiungere. Figlio, coniuge, compagno che sia.

E per te che leggi, cos’è la famiglia?


di Tinuccia Russo



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