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Don Pino Puglisi: uomo tra gli uomini

Tra le tante esperienze di crescita che il seminario offre, ve n’è una che credo sia la più importante fra tutte: la formazione umana. Essa è fondamentale in ogni percorso vocazionale… Tante le domande che ci vengono poste, tanti gli spunti, parecchie le tematiche. E, come ogni seminario che si rispetti, anche noi, qualche giorno fa, abbiamo avuto il nostro primo incontro di formazione umana-presbiterale. All’inizio dell’incontro ci è stato posto un quesito. Una domanda semplice. Una di quelle che però, pur sembrando “elementare”, allo stesso tempo scombussola tutto, smuove ogni cosa, fa tremare… perché, in fondo, è invece carica di grande peso: quale prete? Che prete vorresti essere? Quale modello di sacerdote? E proprio mentre ci veniva posto questo quesito, la mente vagava. Cercavo un nome; avevo un volto! Un uomo siciliano, un prete che purtroppo non avevo avuto modo di conoscere personalmente, ma che comunque, in qualche modo, era presente nella mia vita. Il suo nome: Pino Puglisi. Vorrei essere un prete come lui, un uomo come lui; uno di quelli che non sta chiuso in una sagrestia, ma che “esce”, che va incontro all’altro. Don Pino era un prete siciliano, uno di quelli veri, che testimoniava il Vangelo per strada, nei luoghi “bui”, lì dove non sembra poter esserci “luce”, e se, di tanto in tanto c’è qualche lampione che vuole rischiarare quelle tenebre, gli si mette un bel sacco nero sopra, così da lasciare tutto il più possibile al buio. Don Pino era un uomo che portava luce lì dove alcuni uomini la toglievano con la loro prepotenza, con la loro violenza, con il loro tossico atteggiamento mafioso. Amava la vita, quella vera, quella fatta di incontri, di relazioni vere. Era parroco di uno dei quartieri più complicati di Palermo: Brancaccio. Proprio lì egli lottò contro l’ingiustizia, cercando di dare un futuro diverso a tutti i ragazzi che, per un qualche disgraziato motivo, stavano divenendo schiavi di una mentalità omertosa che puntava a rendere tutti dei semplici “burattini”. Si, padre Pino era un amante della giustizia. Ci teneva tanto alla sua gente. Aveva a cuore tutti e voleva a tutti i costi che nessuno “vendesse la propria dignità per soldi” o si sporcasse le mani di sangue. Lottava con tutto se stesso, sempre con il sorriso sulle labbra, partendo proprio dall’educare i ragazzi ad una vita libera, alla scuola della legalità, per non essere schiavi di quel cancro della società che è la mafia. E grazie a lui qualcosa a Brancaccio stava cambiando. In un quartiere in cui, il giorno dopo la strage di Capaci, i ragazzini gridavano per strada “la mafia ha vinto”, adesso c’era un qualcosa di diverso. E per qualcuno don Pino era ormai divenuto un prete scomodo. Andava ucciso. Ed è così che il 15 settembre del 1993, giorno del suo 56° compleanno, Padre Puglisi veniva martirizzato dinnanzi al portone di casa sua, perché “prete vero”, perché valido annunciatore del Vangelo. L’unica cosa che seppe dire prima di morire a chi gli aveva inferto quei due colpi di pistola mortali fu: “me lo aspettavo”… regalando ai sui killer il suo ultimo sorriso, donandogli un po’ di autentico Vangelo. Si, don Pino è uno dei migliori esempi di sacerdote da seguire. Un discepolo “testimone”, martire, che ha saputo “dare la vita per i propri amici”; sempre e solo armato del suo grande sorriso… della sua felicità, segno più vero che la sua testimonianza è stata valida, poiché: “Sarete felici quando vi perseguiteranno e mentendo diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia; rallegratevi ed esultate perché grande è la vostra ricompensa nei cieli” (Mt 5, 11-12).


di Louis Manuguerra



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