Donne nella Chiesa antica, nuove acquisizioni
Grazie ad una preziosa segnalazione, sono venuta a conoscenza delle ricerche e degli studi condotti da Christine Schenk una suora cattolica americana della Congregazione di San Giuseppe, molto attiva nel campo della pastorale e della riforma della chiesa, teologa autrice di quattro saggi attraverso i quali ha cercato di individuare le radici storiche delle comunità religiose femminili. Un suo libro in particolare Crispina e le sue sorelle: donne e autorità nel cristianesimo primitivo potrebbe far cambiare idea sul ruolo avuto dalle donne nella Chiesa delle origini. La maggior parte delle nostre conoscenze del ruolo delle donne nel Movimento di Gesù deriva da testimonianze letterarie, in gran parte scritte da uomini. Con Crispina e le sue sorelle Christine Schenk attingendo alle fonti archeologiche ed esaminando l’iconografia paleocristiana in particolare l’arte funeraria, affreschi, dipinti e rilievi su sarcofagi, datati tra la fine del III sec. e l’inizio del V sec. conservati principalmente a Roma, è riuscita a reperire informazioni importanti sull’autorità e sull’influenza esercitata dalle donne cristiane di quel periodo.
Crispina è appunto una donna del IV secolo commemorata sul frammento del coperchio del sarcofago che porta il suo ritratto. Per i romani sia pagani che cristiani un sarcofago non era semplicemente il contenitore di una salma ma un monumento carico di significati. L’arte funeraria romana aveva lo scopo di rendere visibile l’identità della persona che era morta e di comunicare i suoi valori e le sue virtù. Essere raffigurati con una pergamena, una capsa cioè un contenitore di pergamene o un codex era un indicatore immediato della sua istruzione e del suo status.
Christine Schenk nel corso di tre anni ha analizzato 2119 immagini e descrizioni di sarcofagi e frammenti ed ha scoperto che molte donne del Cristianesimo primitivo, in misura maggiore rispetto a figure maschili, sono state ricordate come persone influenti e autorevoli nelle loro comunità. Sui sarcofagi esaminati sono rappresentate donne nell’atteggiamento di insegnare e predicare, con fasci di pergamene, con figure di apostoli ai propri piedi, forse Pietro e Paolo, testimoni della loro autorevolezza religiosa, in mezzo a scene bibliche nel gesto dell’oratore, con pergamene e codici nelle mani. Donne pie, benestanti, colte, erudite dal punto di vista biblico che di certo non si sono attenute all’ammonimento di Paolo contenuto nella Prima Lettera a Timoteo 2,12 di rimanere in silenzio, in assoluta sottomissione all’uomo ed hanno esercitato l’autorità ecclesiale nelle loro comunità. È proprio quest’ordine che nella Lettera è intimato alle donne che ha giustificato nel tempo la limitazione della loro autorità da parte di tanti uomini di Chiesa. A giudicare dal numero di sarcofagi che rappresentano donne sole si può ipotizzare che si trattasse di donne singole o vedove a cui si sono ispirate le “madri della Chiesa” di epoche successive: Marcella, Paola, Macrina, Melania l’anziana e Proba, donne che hanno fondato monasteri ponendo le basi della vita religiosa di oggi. Mentre impropriamente si attribuisce la nascita del monachesimo a Basilio in Oriente e a Girolamo in Occidente, due donne, Macrina sorella di Basilio, e Marcella iniziano a praticare questo stile di vita cristiano molto prima degli uomini. Macrina (327-379 d.C) fonda un monastero ad Annesi, oggi in Turchia. Marcella (325-410) riunisce donne che studiano la Scrittura e pregano nella sua villa aristocratica sul colle Aventino già 40 anni prima dell’arrivo di Girolamo a Roma. Olimpia (368-408) ordinata diaconessa a Costantinopoli usa l’immensa fortuna della famiglia per sostenere la Chiesa e servire i poveri. Fonda un grande monastero vicino alla basilica di Santa Sofia che accoglierà circa 250 monache. Il discorso è ancora più lungo ed andrebbe approfondito ma è evidente che già da queste testimonianze emerge come nel Cristianesimo primitivo le donne avessero un’influenza molto maggiore rispetto a quanto sia generalmente riconosciuto. Auspico un ritorno alle origini.
di Pina Torre
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