Droghe “leggere” e altre dipendenze - Ascolto di ragazzi e di educatori
Si sente parlare di liberalizzazione delle droghe leggere per combattere il narcotraffico, svuotare le carceri, perchè non fa poi così male come si dice anzi è “ricreativa”, serve per curare le malattie, perchè in America l'hanno già fatto, perchè si creerebbe un giro di soldi 'legali' enorme e utile per tutti, si creerebbero posti di lavoro… Abbiamo chiesto a due giovani di diversa età, che hanno scelto di cambiare vita dopo aver vissuto nella “dipendenza”, di esprimere brevemente il loro parere a partire dalla loro esperienza e immaginando di parlare a degli adolescenti. Ascoltiamoli.
“Ciao, sono un ragazzo che ha più o meno la vostra età e il consiglio che mi sento di darvi è di non prendere con superficialità le cose che vi circondano, “tanto l'erba è una droga leggera, fumiamo una canna, tanto cosa vuoi che sia...” perché per molte persone, compreso me, è partito tutto da lì. Tralasciando gli effetti dannosi che la cannabis ha sul cervello, la cosa più dannosa e di cui non ci si rende conto è che avanti col tempo, vi assicuro che la semplice canna non vi soddisferà più e sarete sempre più spinti verso la ricerca di uno sballo più forte ed è a quel punto che ti accorgi che sei praticamente solo. Quindi ragazzi, io non sono vostra madre che vi fa le morali, vi sto dando un consiglio per la vostra vita.” (S. 17 anni). “Cari ragazzi, vorrei che voi cercaste di capire che le organizzazioni del narcotraffico puntano molto alla legalizzazione degli stupefacenti ‘leggeri’ perché essi faranno da ‘ponte’ e così aumenterà il numero di persone che avranno un approccio alle droghe pesanti. Ricordo molto bene ancora oggi quel giorno quando avevo 16 anni e mi ero recato il piazza a prendere del 'fumo': quella sera non c'era ed ho preso l'eroina. Da quel giorno sono passati più di 25 anni di tossicodipendenza. Oggi, dopo 2 anni di comunità alla Casa del Giovane, ho capito che quello che credevo essere divertimento non era altro che fuggire da me stesso.” (A., 43 anni).
Come Casa del Giovane di Pavia ci occupiamo di accoglienza e accompagnamento del disagio giovanile. Questa scelta ebbe inizio nel lontano e famoso 1968 con un sacerdote, don Enzo Boschetti.
La consapevolezza che la persona non è solo il suo problema, e che il disagio che vivevano i giovani, le loro scelte sbagliate, i disvalori in cui credevano, le loro ferite interiori trovavano origine nell’assenza di relazioni affidabili, capaci di empatia, spinsero quel sacerdote e i primi volontari a iniziare un’accoglienza nuova. Nacquero allora delle comunità che non solo ospitavano i giovani in difficoltà dando loro un pasto e un letto, ma sviluppavano un progetto educativo e formativo che permettesse loro di ritrovare dignità, speranza e possibilità concrete per ripartire e vivere al meglio. Oggi il problema delle dipendenze si è ramificato e – purtroppo – sviluppato in molte forme. Oltre alle sostanze e all’alcol vi sono dipendenze comportamentali (azzardo, internet, shopping compulsivo, sesso) e anche relazionali (dipendenza affettiva).
La consapevolezza a livello culturale si è evoluta, vi sono studi, specialisti, enti pubblici e privati che si prendono cura di chi ha problemi di dipendenza e l’analisi del “fenomeno” è molto dettagliata. Ma è vero anche che è avvenuta come una “assuefazione”: nei media, nelle serie tv la realtà della dipendenza è diventata quasi accettata o comunque non considerata grave quanto di fatto lo è. Anche nelle notizie più tragiche che vengono riportate come i suicidi, i femminicidi o le violenze sessuali, il fatto che chi commette il reato abbia problemi di dipendenza è considerato un aspetto quasi secondario. Come comunità insistiamo perché non ci si dimentichi che ogni ragazzo che utilizza sostanze o che beve alcolici, che si chiude in camera e vive su internet o che gioca d’azzardo, che inizia a spacciare ‘“perché è facile e conviene” sta di fatto gridando la sua solitudine e il suo malessere. Occorre raccogliere la sua silenziosa sofferenza e trovare il modo di ascoltarla, riconoscerla come anche nostra e attivarci perché i giovani possano trovare contesti di gruppo e di adulti che – “perdendo tempo” con e per loro – creino quel contatto autentico e quelle relazioni affidabili, sincere e creative affinchè la solitudine lasci spazio all’incontro, al riconoscimento, alla fiducia. E’ questo il ‘cuore’ di ogni educazione e di ogni cambiamento.
Indirizzo: https://www.casadelgiovane.eu/
di don Arturo Cristani, comunità Casa del Giovane, Pavia
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