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Elettra e la Vendetta - Ieri, oggi

Elettra di Sofocle, rivisitata dal Regista Roberto Andò e nella fedele e efficace traduzione di Giorgio Ieranò, interpretata da Sonia Bergamasco, quest’anno a Siracusa ha squarciato il teatro come un fulmine.

Il personaggio di Elettra è stato, dal regista, rivisitato, scavato, per trovare l’umore della vendetta che prende forma dal dolore, un dolore che si acutizza sino a spogliarsi e a indurirsi come pietra che il tempo non lima.

Elettra si presenta nello scenario della facciata del palazzo degli Atridi, a Micene, a forma di scheletro obbliquo dove si attende il sangue, quasi a dare un senso. Da una facciata sventrata di ogni possibilità di rinascita e dagli antri bui può venir fuori solo la morte.

Elettra come pietra aguzza si muove a scatti, animaleschi quasi, e talvolta si rannicchia, in posizione fetale su un pianoforte che non suona, racconta il suo dolore, la sua solitudine, il suo desiderio di vendetta verso la madre Clitennestra e l’amante di lei Egisto, unico sentimento a tenerla in vita, lei che non ha avuto uno sposo, nè figli.

È Elettra, una pietra impolverata dalla sua ossessione di vendetta, è lei la tragedia del dolore che subisce la metamorfosi della Vendetta, che si appella alla Dike e cerca sostegno nella sorella Crisotemi, che contrappone una rassegnata resa al nuovo sistema familiare: “se voglio vivere libera, devo ubbidire al Potere”.

Ossimoro della dike diviene la nemesi, della Eleutheria, la douleia e si sviluppa la tragedia delle contraddizioni, dei poli opposti insinuando dilemmi nello spettatore che ieri e oggi si è chiesto e si chiede come sia più giusto estirpare il male; se la pena di morte debba essere necessariamente inflitta a chi uccide.

Un dilemma eterno che oggi più di ieri annienta la ragione quando la follia omicida si riversa su un essere umano indifeso e innocente.

Agamennone, re degli Atridi , sacrificò la figlia Ifigenia, pur di ingraziarsi gli dei per la vittoria e per il ritorno in patria dove la moglie Clitennestra, lo uccide.

Nella tragedia di Sofocle, Clitennestra interpretata magistralmente da Anna Bonaiuti personifica l’egoismo di una donna, rinunciataria di ogni comprensione, protesa solo a salvare la sua vita e l’amante Egisto,felice di sapere che il figlio Oreste è morto.Tutto lo scenario è simbolico del delirio del Potere nutrito dalla Vendetta, tutto è metafora del male che vendica il male.

Oreste, con l’inganno tornerà, sotto false spoglie, a completare la vendetta dopo aver incontrato furtivamente la sorella Elettra in un momento di forte emozione, un momento in cui in quello scenario del Male, scorre un rigagnolo di bene, di amore, di conforto fraterno e… lo spettatore sembra arrendersi a quella fine orchestrata, progettata perché giustizia si compia.

Ma il finale di sangue e di morte ci lascia inerti, sfiniti , smarriti perché non è una soluzione la vendetta realizzata dall’uomo.

Come sarà stata la vita di Elettra e di Oreste? Come sarebbe stata se avessero perdonato e avessero affidato agli Dei la Giustizia da compiere?

Roberto Andò ha voluto calcare la mano sulla sete di vendetta di Elettra e di Oreste con l’obiettivo di far riflettere lo spettatore sul concetto di “Giustizia dell’uomo, della Legge e di Dio”.



di Rita Chillemi

 
 
 

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Creato da Filippo Maniscalco

Gestito Antonino Cicero

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