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Figli dello stesso padre

E’ trascorso poco più di un anno dal 7 ottobre 2023, ma sono ancora nei nostri occhi le immagini del violento attacco di Hamas contro i villaggi israeliani del Negev: più di un migliaio di morti, centinaia di ostaggi. La reazione di Israele contro Hamas, contro i palestinesi non si è fatta attendere: di nuovo sangue. Dopo questi eventi una campagna di odio antiebraico si è diffusa immediatamente nell’occidente democratico, laddove democrazia equivale a libertà di pensiero e di espressione:  le immagini degli ostaggi israeliani sono state strappate nelle strade di New York, di Parigi, numerosi cortei hanno inneggiano alla resistenza contro l’occupazione delle terre che si trovano dentro i confini dello stato di Israele sin dal 1948, anno della fondazione dello Stato ebraico, e una nuova ondata di intolleranza e di odio contro gli ebrei si è registrata in varie parti del mondo; molte sinagoghe sono state aggredite e quella di Rouen incendiata, molti ebrei sono stati offesi in quanto tali, una statua di Anna Frank è stata deturpata con la scritta “Free Gaza”. In tutto questo è evidente la totale cancellazione della linea di demarcazione tra antisionismo e antisemitismo e si scende ancora oggi in piazza per sostenere i presupposti dell’attacco terroristico di Hamas: far sparire lo Stato ebraico ed eliminare tutti gli ebrei. La disinformazione, assurda ai tempi della post-globalizzazione e dell’infodemia, mina le fondamenta delle nostre democrazie e risveglia i fantasmi di un passato così lontano, così vicino. Alto si dovrebbe alzare il nostro grido contro ogni forma di intolleranza generalizzata; è legittimo manifestare contro la politica di Netanyahu ed esprimere solidarietà ai fratelli palestinesi per le migliaia di vittime civili che questa guerra conta; allo stesso modo non si può restare indifferenti al dolore dei fratelli ebrei che piangono i figli uccisi dall’attacco di Hamas. Fare leva sull’equazione “sionismo uguale colonialismo, uguale razzismo” serve a chi muove le pedine di uno sporco gioco in cui geopolitica, interessi economici, finanziari e commercio delle armi concorrono a stabilire una rete di accordi e alleanze sotterranea finalizzata al mantenimento della supremazia di alcuni Stati in determinate aree geografiche.

L’essere cittadini di uno Stato democratico non ammette disinformazione e ignoranza e ci chiama ad essere responsabili difensori della vita e delle libertà, nostre e altrui. Tra queste ce n’è una che dobbiamo salvaguardare e alimentare, che appartiene a ognuno di noi, che è l’essenza stessa della democrazia: è la facoltà di sognare un mondo più giusto, dove diversità e scontro generano naturalmente armonia e dialogo, dove Ismaele e Isacco possano riconoscersi fratelli, figli di uno stesso padre.




di Tinuccia Russo


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