top of page

Francesco d’Assisi Viva immagine di Cristo

Nella bimillenaria storia della Chiesa di tanto in tanto fanno la loro apparizione donne e uomini coraggiosi che comprendono e accolgono la troppo originale e scomoda proposta di Gesù: vivere il «Vangelo sine glossa», cioè senza tagli, senza sconti. Uno di questi è Francesco d'Assisi, profondo uomo di preghiera che Tommaso da Celano, suo discepolo e primo biografo, definì : «Totus non tam orans quam oratio factus», un uomo fatto preghiera, un autentico seguace del Nazareno, "un cristiano non ante, ma ad litteram". Secondo la Legenda Maior, la nuova vita di Francesco è iniziata dall'ascolto della voce del Crocifisso di San Damiano, ma più realisticamente, come egli stesso narra nel suo Testamento, comincia dall'abbraccio avvenuto con il lebbroso : «Essendo io nei peccata, mi pareva troppo amaro vedere i lebbrosi, ma il Signore mi condusse tra di loro ed io feci misericordia con essi e quello che prima era amaro mi fu convertito in dolcezza dell'anima e del corpo. Poi stetti poco tempo e uscii dal secolo». Il secolo era la sua Assisi governata dai nobili, i ricchi mercanti - i majores - dei quali anche lui faceva parte. Francesco non si rifugia in una grotta a fare l'eremita né va a rinchiudersi in uno dei tanti monasteri presenti nel territorio dove i monaci trascorrevano il loro tempo nella preghiera e nel lavoro. Decide, invece, di condividere la vita con coloro che vivevano in estrema povertà, uomini e donne che abitavano fuori le mura della città, dediti ai duri lavori dei campi, esposti alle intemperie, alla fame e alle malattie. Va a vivere tra quelli che venivano considerati i minores, dei quali diviene fratello, e insieme ad altri compagni mette su un gruppo che chiama frati minori. Una scelta, la sua, fuori dal normale, che gli veniva dal Vangelo, ad imitazione del Signore Gesù, l'amico dei piccoli, degli esclusi, degli emarginati, dei peccatori che, «da ricco che era si è fatto povero» (2Cor 8,9). Francesco privilegia le persone più repellenti, quelli che nessuno mai oserebbe solo avvicinare; non teme nemmeno di accompagnarsi ai briganti, le persone più invise e, ciò che è unico, stabilisce un rapporto del tutto nuovo con il creato, stringendo ogni creatura in un abbraccio di tenerezza e di amore senza paragoni. Non esagera affatto chi afferma che «Francesco ha fatto fare un passo avanti al Vangelo» (cit.). Il figlio di Pietro di Bernardone e i suoi compagni non sono andati verso i poveri solo per solidarietà, per visitarli e consolarli o per offrire loro un qualche aiuto per poi tornarsene a casa propria, bensì per restare con loro, fare proprio il loro stile di vita per condividerne il peso, le difficoltà, i disagi, il poco pane. Per Francesco non è importante tanto l'assistenza ai sofferenti quanto vivere insieme a loro, come loro. Il suo carisma infatti non è tanto la scelta della povertà quanto la solidarietà, la convivenza con gli ultimi, per questo ha rifiutato per i suoi compagni monasteri, conventi, abitazioni che li tenevano lontani, li separavano dai poveri con i quali, invece, dovevano vivere alla pari, abitando in capanne o rifugi di fortuna. «Francesco ha scelto di vivere da povero non tanto per le sue esigenze spirituali quanto per distogliere il suo animo dalla cupidigia e dall'orgoglio» (cit.). Nonostante un'esistenza miserrima, lui e i suoi frati sanno essere felici, sereni, gioiosi, non imprecano o piangono per il loro stato di vita, ma pregano e cantano in perfetta letizia. E invece, solo due anni dopo la morte di Francesco, il suo successore fece costruire sopra la sua tomba un Grande Maniero al quale, nel tempo, fu dato il nome di Sacro Convento, edificio che mai Francesco avrebbe voluto né per sé né per i suoi compagni. Nei secoli successivi i suoi figli continueranno a gloriarsi delle loro origini, a parlare e a predicare della loro spiritualità, ma appellandosi più a quella del loro fondatore che alla propria, per nulla diversa da quella di altri ordini religiosi. Nonostante Francesco più e più volte avesse affermato : «né Sant'Agostino né San Bernardo né San Benedetto», che la regola dei suoi frati doveva essere «l'Evangelo sine glossa», la regola approvata da Papa Onorio III 800 anni orsono - la Solet Annuere - il 29 Novembre del 1223, non era per nulla diversa dalla regola degli altri ordini religiosi presenti a quel tempo nella Chiesa. “Ora tutto sembra più semplice, più normale, ma è proprio quella normalità, cioè l'ordinamento monastico, che Frate Francesco mai avrebbe voluto” (cit.).

di Santino Coppolino



Comments


bottom of page