Gesù è il nostro umanesimo. Il volto di Gesù volto dell’uomo
Da due mani che si stringono, quelle tremanti del vecchio Priamo, che supplice chiede la restituzione del corpo del figlio Ettore, e quelle forti dell’eroe greco Achille, che hanno tolto la vita a tanti giovani guerrieri troiani, ha origine un nuovo modello etico e culturale, che è passato attraverso i secoli e che ancora oggi ci rappresenta, malgrado gli attacchi di una concezione materialistica ed individualistica della vita, purtroppo ben radicata. L’umanesimo occidentale trova la sua prima espressione nel XXIV canto dell’Iliade (vv. 468-595), nella pietas di due uomini che l’esperienza ha reso consapevoli dell’amaro destino di sofferenza e morte che accomuna tutti gli esseri mortali; il reciproco rispetto della dignità che nasce dal dolore genera in loro la solidarietà, che spezza le barriere dell’inimicizia e li unisce in un com-pianto, in un piangere insieme, unico mezzo per superare la morte. Il concetto di Umanesimo nel tempo ha subito un’evoluzione, caricandosi di nuovi significati in relazione al contesto socio-culturale in cui ha attecchito ed evidenziando l’intrinseco carattere della trasversalità; dall’humanitas del Circolo degli Scipioni (II sec. a.C.) all’Umanesimo che discende dall’età dei Lumi (XVIII secolo), passando attraverso l’Umanesimo storico del XV secolo, il comune denominatore è rappresentato dall’interesse verso l’uomo, verso ogni espressione della sua razionalità, dei suoi sentimenti, delle sue inclinazioni, dal rispetto della libertà dell’individuo e della sua dignità, dalla sua capacità di con-vivere con l’altro. Manifesto di un umanesimo vivo e presente, che a distanza di poco più di un cinquantennio dalla sua composizione fa ancora discutere per il netto rifiuto delle convenzioni, del perbenismo, del giustizialismo, può considerarsi “Il testamento di Tito” (1970), di Fabrizio de Andrè, (1940-99), “cantautore degli emarginati”, “poeta degli sconfitti”. La fusione fra il testo della canzone, caratterizzato dalla struttura lineare e simmetrica delle sottounità che lo compongono, e la musica, con la riproposizione di identici moduli ritmici, guida chi ascolta alla comprensione del significato, racchiuso nella strofa finale. Tito (nome presente in uno dei Vangeli apocrifi, il Vangelo arabo dell’infanzia, del VI secolo), il ladrone buono crocifisso con Cristo sul Golgota, affida a noi il suo testamento spirituale, restituendoci attraverso i dieci comandamenti l’essenza di una vita vissuta nella colpa, da senza-legge, ma nella libera scelta di essere uomo tra gli uomini; questa umanità, esperita con lucida coerenza, se per un verso, ovvero in rapporto agli imperativi morali insiti in noi, ci fa prendere le distanze dalle sue scelte, per un altro verso, invece, nella condivisione delle sue fragilità e dell’intimo desiderio di giustizia, lo fa sentire a noi fratello. Anche noi, come lui, incontrando genti straniere abbiamo constatato che Dio è uno per tutti e che tutti tendono alla stessa Verità; anche a noi sarà capitato di invocare nel dolore il nome di Dio, ma invano, senza ottenere risposta; il destino di morte condiviso dai due ladroni e dal Nazareno, inchiodato per tre volte sulla croce, diventa emblema dell’ingiustizia della pena di morte, presente ancora oggi in molti Stati. Il buio della notte, della morte viene a placare le sofferenze di Tito, ma ciò che salverà lui (e noi) sarà il com-pianto, la condivisione del dolore di Cristo fratello, (dei nostri fratelli); l’amore che Tito conosce sul punto di morte, “la pietà che non cede al rancore”, l’amore gratuito, è una lezione che come lui, anche noi impariamo alla scuola di Cristo: “Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno” (Lc 23, 34). L’Umanesimo cristiano consiste nella consapevolezza della duplice dimensione della realtà umana, quella della fragilità da un lato, della grandezza e dignità dall’altro; entrambe trovano significato nella misericordia di Dio. “Possiamo parlare di umanesimo solamente a partire dalla centralità di Gesù, scoprendo in Lui i tratti del volto autentico dell'uomo. E’ la contemplazione del volto di Gesù morto e risorto che ricompone la nostra umanità, anche di quella frammentata per le fatiche della vita, o segnata dal peccato…Lasciamoci guardare da Lui. Gesù è il nostro umanesimo” (Papa Francesco, Firenze, novembre 2015, V Convegno Nazionale della Chiesa italiana).
di Tinuccia Russo
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