Il celibato dei preti
Gesù scelse come apostoli uomini sposati, e l’apostolo Paolo nelle lettere pastorali per stabilire dei criteri di scelta dei diaconi e dei presbiteri raccomanda che siano credenti di sana moralità e sposati una sola volta. Per il primo millennio della storia cristiana, il celibato non era obbligatorio. Nei primi secoli ai sacerdoti si chiedeva solo di non essere bigami. Dal IV secolo era proibito sposarsi solo dopo l’ordinazione presbiterale. Pian piano si afferma la prassi del celibato che diventerà norma nel 1215 con il concilio Laterano IV. Una scelta dovuta a ragioni di disciplina e di moralizzazione dei costumi, più che a ragioni teologiche.
Nelle chiese ortodosse per diventare presbiteri o diaconi il celibato non è richiesto, È proibito sposarsi dopo l’ordinazione e i vescovi sono celibi. È noto che nel mondo protestante i ministri del culto, i pastori, sono sposati. In queste chiese troviamo anche delle donne che guidano le comunità: le pastore.
Anche nella Chiesa cattolica l’obbligo del celibato sacerdotale non è assoluto, infatti i preti cattolici di rito orientale (greco-bizantino, siriaco, copto, ecc) possono sposarsi prima di diventare sacerdoti. Così come il matrimonio dei sacerdoti anglicani sposati che sono ritornati in comunione con la Chiesa cattolica rimane valido. La regola del celibato imposto, potrebbe dunque essere cambiata e si intravedono tante ragioni che ci portano a credere che forse siamo indirizzati su quella strada. Non è la prima volta che papa Francesco fa capire che in lui c’è quest’apertura di mente e cuore. Se vissuto con consapevolezza, maturità affettiva il celibato può essere una scelta impagabile ma deve essere una scelta autentica, libera, responsabile che richiede una grande formazione affettiva e spirituale. Il Direttore dell’Ufficio Nazionale della Pastorale per le vocazioni, don Michele Gianola è convinto che difendersi, scansare ogni prova, immunizzarsi contro la vita non sono sicuramente orizzonti nei quali può fiorire la vocazione che invece ha bisogno di aprirsi, entrare in contatto, affrontare le sfide, correre alcuni rischi.
La vita del sacerdote non è facile. Gli stipendi sono esigui, tante sono le incomprensioni con i confratelli ed i superiori. Anche nelle comunità parrocchiali a cui si è inviati come pastori, guide, padri spesso si sperimentano rapporti conflittuali non sempre facili da gestire che possono generare stress e situazioni di ansia ed angoscia; manca sicuramente al sacerdote una rete affettiva che lo contenga e lo conforti. Papa Francesco il 19 marzo 2021, nel messaggio per la 58a giornata di preghiera per le vocazioni ha detto che la chiamata divina spinge ad andare oltre, ad uscire e a donarsi abbandonando i propri programmi per aderire ad un disegno più grande e per fare di ogni vita un capolavoro. Dire sì al Signore mai delude ma sempre sorprende, e deve essere una scelta meditata, ponderata da coltivare nella pazienza. Non si può parlare di sacrificio ma di dono di sé, altrimenti si cade nell’infelicità, nella frustrazione, nella tristezza. Aver fatto di Dio il sogno della vita per servirlo nei fratelli e nelle sorelle è già di per sé testimonianza, in un’epoca segnata da scelte passeggere ed emozioni che svaniscono senza lasciare la gioia.
di Pina Torre
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