Il deserto fiorirà
La “vetrina” dei social ha dato una certa visibilità alle realtà parrocchiali e al loro vissuto quotidiano: ora come puntuale documentazione dei vari aspetti liturgici, catechistici, caritativi, altre volte come una carrellata delle iniziative di aggregazione, di animazione del territorio, di condivisione e di convivialità. C’è da rallegrarsi per la vitalità espressa da molte parrocchie che sembrerebbe fugare i dubbi sulla tenuta dell’esperienza di fede nelle aree urbane come nei centri collinari o marinari del vasto territorio della nostra diocesi. Ciò detto, pur tuttavia, qualche interrogativo rimane.
Non è tutto oro quello che luccica, si dice. Questa rappresentazione della vita ecclesiale deve fare i conti con le indagini sociologiche che, nero su bianco, segnalano anche da noi lo svuotamento delle chiese, la scarsa incidenza della morale cattolica in tutti gli ambiti della vita degli stessi residuali praticanti, e l’insignificanza del cristianesimo per le nuove generazione Z ed Alpha.
La più volte ricordata profezia di una chiesa destinata ad essere un fatto minoritario in una società complessa diventa, di giorno in giorno, esperienza vissuta di tanti “pastori” formati negli anni del Concilio Ecumenico Vaticano II, come me, aperti alle prospettive di una evangelizzazione nuova, in dialogo con la cultura contemporanea, pronti ad intessere relazioni d’amicizia con le altre confessioni cristiane e con le altre religioni, motivati nel loro ministero a farsi tutto a tutti. La disillusione, l’amarezza dell’oggi, potrebbero spegnere l’entusiasmo e la gioia di essere stati chiamati a presiedere la comunità in un tumultuoso passaggio d’epoca, con il “tramonto” della cristianità. Intristiti anche dal fatto che chi è stato formato in tempi più recenti pensa e vive la chiesa come un fortino in cui rifugiarsi e pronto a dare battaglia ad un mondo perduto. Ma pur provati, quasi logorati dagli eventi di una umanità sull’orlo del baratro di un’apocalisse minacciata da più parti e a più livelli, siamo comunque custodi e portatori di una speranza che non delude. Credo fermamente in Dio che promette: “aprirò una strada nel deserto”. (Is. 43, 19) Per il mio cammino quaresimale mi sarà così di conforto e viatico l’esortazione del vescovo martire Policarpo di Smirne: «I presbiteri siano indulgenti e misericordiosi verso tutti, richiamino gli sviati e visitino tutti gli infermi senza trascurare la vedova, l’orfano e il povero, ma solleciti nel bene davanti a Dio e agli uomini» (Lettera ai Fi- lippesi 6,1.2. Alla mia comunità ricordo la conclusione del messaggio quaresimale di Papa Francesco: «Cercate e rischiate, cer- cate e rischiate. In questo frangente storico le sfide sono enormi, gemiti dolorosi. Stiamo vedendo una terza guerra mondiale a pezzi. Ma abbracciamo il rischio di pensare che non siamo in un’agonia, bensì in un parto; non alla fine, ma all’inizio di un grande spettacolo. Ci vuole coraggio per pensare questo» (Discorso agli univer- sitari, 3 agosto 2023). È il coraggio della conversione, dell’uscita dalla schiavitù. La fede e la carità tengono per mano questa bambina speranza. Le insegnano a camminare e, nello stesso tempo, lei le tira in avanti».
di Mons. Santino Colosi
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