Il piccolo fratello universale
- taborsettepuntozer
- 28 set
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Charles de Foucauld appartiene alla lunga schiera di coloro che hanno esercitato una grandissima influenza nella vita della Chiesa, i quali, a ragione, vengono chiamati gli «innamorati di Cristo nel nostro tempo» (Giovanni Paolo II). Essi tracciano nuovi sentieri e propongono modi nuovi di vivere la fede in Cristo. Reso inizialmente famoso attraverso la biografia scritta da René Bazin, Charles è stato proposto sulla scena ecclesiale attraverso gli scritti di René Voillaume e della Piccola Sorella Magdeleine. Ancora oggi egli appare come un profeta che il nostro tempo sta togliendo «dall'ombra dove era stato confinato insieme ad altri profeti di oggi» (E. Bianchi). Quando questa «singolare figura di ascetico e di mistico» (Paolo VI) viene ucciso, il suo sogno di avere dei seguaci, di fondare un ordine religioso, sembra morire con lui. Muore, infatti, senza avere un solo discepolo. Ma, come Gesù dopo il silenzio del Venerdì e del Sabato inizia l'avventura da Risorto, così accade a Charles: dal silenzio di quella tomba sull'Hoggar algerino nascono una ventina di famiglie religiose che a lui si ispirano. Al cuore della fede di fratel Charles troviamo la scoperta della Parola incarnata. Colpito dalla fede islamica nel Dio Trascendente e Infinito, Grande e Onnipotente, a cui si deve sottomissione, nella persona di Gesù Charles scopre che l'Onnipotente si è fatto debole a Betlemme, a Nazareth e soprattutto al Calvario. L'Infinito si è fatto piccolo, il Trascendente si è fatto carne, diventando il più piccolo degli uomini e occupando l'ultimo posto. La spiritualità vissuta da frère Charles non è una spiritualità semplice, perché è talmente ricca da non essere stata ancora compresa totalmente. Il suo vissuto da eremita nel Sahara, come gli antichi padri del deserto, prima a Beni Abbes e poi a Tamanrasset dove viene ucciso, in mezzo a una piccola tribù nomade di Tuareg, fu fatto di gesti semplici, di incessante preghiera, di duro lavoro, di accoglienza dell'altro, di relazioni quotidiane coltivate e vissute con impegno e amore. Il piccolo fratello universale intuì che questa vita semplice, ordinaria, rifletteva la vita nascosta di Gesù nei suoi trent'anni a Nazareth. Il lavoro, la vita nel villaggio e in casa, la preghiera in famiglia e in sinagoga, sono da lui considerati una perdita, un abbassamento, una kenosi, ma diventano fonte di gioia e di pace. Più che la grandezza delle cose quotidiane, conta la straordinarietà di una vita vissuta con e per il Signore, il lavoro semplice, umile, l'essenzialità nell'uso dei beni, perché la povertà di Nazareth è una povertà che bandisce volontariamente tutto ciò che non è strettamente necessario per vivere. Come Gesù a Nazareth, Charles scelse di vivere la sua unione con Dio nel più quotidiano dei quotidiani, in compagnia degli ultimi, degli emarginati, dei disprezzati, come erano gli abitanti di Nazareth al tempo di Gesù. Scelse il nascondimento, la povertà estrema, la semplice quotidianità di Nazareth, povero con i poveri, semplice con i semplici, dimenticato con i dimenticati. «Bisogna essere poveri e così presentarci agli altri. Questa povertà è il primo dono di Dio. Nazareth lo troviamo ovunque operiamo con Gesù nell'umiltà, nella povertà, nel nascondimento». E' stando in mezzo ad una umanità come questa, vivendo con loro, come loro, che Charles ha incontrato il volto misericordioso di Dio e lo ha testimoniato perché i poveri, gli ultimi, gli indifesi sono il vero Sacramento di Dio, il luogo teologico privilegiato per poterlo conoscere, incontrare e testimoniare . La scoperta della vita nascosta di Gesù a Nazareth e la sua imitazione furono il principale motivo ispiratore di tutte le altre scelte compiute da Charles fino a diventare il «piccolo fratello universale» e a donare la propria vita fino all'effusione del sangue per amore del suo «beneamato fratello e Signore Gesù».

di Santino Coppolino
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