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Il trono preparato e il Veniente. L’etimasia del Duomo di Messina

Nel Duomo di Messina, tra i mosaici che impreziosiscono l’abside, si trova un’immagine che parla con la forza del silenzio: l’etimasia, il “trono preparato”. È un seggio vuoto, ma già adornato, circondato da angeli e dai segni della Passione. Un trono che attende Colui che deve venire. A prima vista può sembrare un dettaglio ornamentale, ma in realtà racchiude una profonda teologia dell’attesa: è l’icona stessa dell’Avvento, scolpita nella luce e nell’oro, che invita a contemplare il mistero del tempo sospeso tra promessa e compimento. Il termine etimasia deriva dal greco hetoimasía, “preparazione”. È il simbolo della disponibilità, del cuore che si apre e si fa spazio. Il trono non è ancora occupato, ma è già pronto: tutto è predisposto perché il Re possa sedervi. In questa immagine si riflette la condizione di ogni uomo, del credente, della Chiesa stessa, tutti chiamati non tanto ad agire freneticamente, ma a preparare, a disporre, a lasciare spazio a Dio nella storia. Non si tratta di una semplice attesa cronologica, ma di un’attesa interiore fatta di silenzio, di vigilanza e di desiderio di compimento. Preparare un trono significa liberare il cuore dal superfluo, smettere di riempire tutto con la fretta e il rumore, e lasciare spazio al divino che viene, pronto a sorprendere e trasformare sempre. Nel mosaico di Messina, la maestà del Cristo Pantocratore sovrasta il trono. È come se l’etimasia fosse la soglia tra il cielo e la terra, tra la promessa e la presenza. Lì, in quel vuoto pieno di attesa, si riconosce il nostro posto: siamo noi quel trono, la parte di mondo che Dio desidera abitare. Come scrive Origene: “ogni anima che crede genera in sé, in un certo modo, il Verbo di Dio”. L’etimasia diventa così immagine della nostra interiorità pronta a ricevere la venuta di Cristo, luogo sacro dove la presenza di Dio può manifestarsi. ll“Veniente” – Cristo che viene sempre, oggi come allora – non si annuncia con clamore, ma con discrezione. Egli si manifesta nei gesti quotidiani, nella fragilità di chi ci circonda, nella bellezza che sorprende e consola. L’Avvento liturgico ci invita a riconoscere questa venuta continua e a non lasciarla passare inosservata. Il trono vuoto del mosaico non è assenza, ma promessa: un invito a rendere disponibile il cuore, aperto all’incontro con Dio, attento a cogliere il divino che si manifesta anche nei dettagli più piccoli della vita. L’etimasia ci pone una domanda viva: il trono del tuo cuore è pronto? Forse non sarà perfetto, forse avrà ferite e polvere, ma ciò che conta è che resti libero e disponibile. Ogni Avvento rinnova questa chiamata: Dio non smette di venire verso di noi. E nel trono “vuoto” del Duomo di Messina si riflette la nostra speranza e il nostro desiderio di accoglienza. In quella luce dorata si rinnova la promessa: il Veniente è vicino, e la sua venuta trasforma ogni attesa in incontro, ogni silenzio in ascolto e ogni desiderio in gioia. Nel Duomo di Messina, tra i mosaici che impreziosiscono l’abside, si trova un’immagine che parla con la forza del silenzio: l’etimasia, il “trono preparato”. È un seggio vuoto, ma già adornato, circondato da angeli e dai segni della Passione. Un trono che attende Colui che deve venire. A prima vista può sembrare un dettaglio ornamentale, ma in realtà racchiude una profonda teologia dell’attesa: è l’icona stessa dell’Avvento, scolpita nella luce e nell’oro, che invita a contemplare il mistero del tempo sospeso tra promessa e compimento. Il termine etimasia deriva dal greco hetoimasía, “preparazione”. È il simbolo della disponibilità, del cuore che si apre e si fa spazio. Il trono non è ancora occupato, ma è già pronto: tutto è predisposto perché il Re possa sedervi. In questa immagine si riflette la condizione di ogni uomo, del credente, della Chiesa stessa, tutti chiamati non tanto ad agire freneticamente, ma a preparare, a disporre, a lasciare spazio a Dio nella storia. Non si tratta di una semplice attesa cronologica, ma di un’attesa interiore fatta di silenzio, di vigilanza e di desiderio di compimento. Preparare un trono significa liberare il cuore dal superfluo, smettere di riempire tutto con la fretta e il rumore, e lasciare spazio al divino che viene, pronto a sorprendere e trasformare sempre. Nel mosaico di Messina, la maestà del Cristo Pantocratore sovrasta il trono. È come se l’etimasia fosse la soglia tra il cielo e la terra, tra la promessa e la presenza. Lì, in quel vuoto pieno di attesa, si riconosce il nostro posto: siamo noi quel trono, la parte di mondo che Dio desidera abitare. Come scrive Origene: “ogni anima che crede genera in sé, in un certo modo, il Verbo di Dio”. L’etimasia diventa così immagine della nostra interiorità pronta a ricevere la venuta di Cristo, luogo sacro dove la presenza di Dio può manifestarsi. ll“Veniente” – Cristo che viene sempre, oggi come allora – non si annuncia con clamore, ma con discrezione. Egli si manifesta nei gesti quotidiani, nella fragilità di chi ci circonda, nella bellezza che sorprende e consola. L’Avvento liturgico ci invita a riconoscere questa venuta continua e a non lasciarla passare inosservata. Il trono vuoto del mosaico non è assenza, ma promessa: un invito a rendere disponibile il cuore, aperto all’incontro con Dio, attento a cogliere il divino che si manifesta anche nei dettagli più piccoli della vita.L’etimasia ci pone una domanda viva: il trono del tuo cuore è pronto? Forse non sarà perfetto, forse avrà ferite e polvere, ma ciò che conta è che resti libero e disponibile. Ogni Avvento rinnova questa chiamata: Dio non smette di venire verso di noi. E nel trono “vuoto” del Duomo di Messina si riflette la nostra speranza e il nostro desiderio di accoglienza. In quella luce dorata si rinnova la promessa: il Veniente è vicino, e la sua venuta trasforma ogni attesa in incontro, ogni silenzio in ascolto e ogni desiderio in gioia.

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di Louis Manuguerra

 

 

 
 
 

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Creato da Filippo Maniscalco

Gestito Antonino Cicero

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