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Insolito, la domenica Il cappellano del carcere a Messa

La domenica mattina, mano nella mano con la mia bambina percorro a piedi le vie conosciute del mio paese, che dal centro attraversano Pozzo di Gotto, camminando ci prepariamo ad accogliere il Vangelo nella nostra Chiesa, ripensando alla settimana trascorsa e alla prossima, fra una risata e un resoconto anche questa domenica siamo giunte nella nostra Chiesa, ma curiosamente in anticipo, e questo già per me, era un anticipo di qualcosa di insolito.. difatti poco dopo, Padre Colosi ci annuncia che la messa sarebbe stata celebrata da Fra Jimmy. Mi presento, sono Francesca mamma a tempo pieno e professoressa di italiano e storia all’IIS Ferrari presso la casa circondariale Madia di Barcellona, ecco domenica la presenza di Fra Jimmy, cappellano del carcere, mi ha colto di sorpresa… solitamente incontro Fra Jimmy dentro le mura alte e spinate del carcere, oggi invece entrambi siamo al di fuori, siamo in festa, è domenica e a pranzo staremo con i nostri affetti. Attraverso la sua omelia rivedo volti e storie degli uomini che ho conosciuto in questi anni al carcere durante le mie lezioni. Mi ritrovo anche in quell’iniziale pregiudizio di paura di Fra Jimmy varcando il primo giorno le porte dei cancelloni sbarrati, paura che non solo è scomparsa nel giro di pochi giorni, ma si è trasformata in riflessione e insegnamento. Ho imparato quanto spesso siamo influenzati da un preconcetto, dovuto sostanzialmente alla mancanza di conoscenza. Per me il carcere era un luogo di ladri e assassini, non certo un luogo dove riscoprirmi cristiana, ne tantomeno trovare umanità, quanto mi sbagliavo… per me non solo è diventato “lavoro”, ma è diventato soprattutto un esame continuo con me stessa “non giudicare, accogli la fragilità dell’altro perché siamo fratelli e sorelle di fragilità”. Ho scoperto come molti di questi uomini vivono i loro giorni di detenzione condividendo non solo spazi ma anche strazi, cibo e speranze, affrontano i giorni come una vera comunità dovrebbe fare, condividendo e ascoltando, accogliendo il fratello nei giorni di solitudine e di festa. Ammetto che l’iniziativa proposta da Padre Colosi e da Fra Jimmy di far visita ai detenuti, ha toccato profondamento il mio animo. Da tempo riflettevo sulla necessità di far entrare la nostra comunità all’interno del carcere, non solo per una questione puramente propedeutica, ma principalmente per vivere una realtà che ci appartiene più di quanto immaginiamo. Il Madia è una struttura esistente da più di cento anni sul nostro territorio prima come ospedale giudiziario psichiatrico e negli ultimi anni come casa circondariale, sono convinta che incontrarsi non solo regalerebbe gioia e dignità a tanti uomini, ma renderebbe “noi” più fratelli e più liberi dai pregiudizi, siamo tutti peccatori e chiunque può cadere. La vera strada della salvezza, è vivere la nostra imperfezione umana nella fratellanza e nella condivisione di salvezza, attraverso le buone pratiche di amore e di speranza. Un giorno un mio alunno mi fece commuovere, mi ringraziò per il mio sorriso e per la mia lezione sugli egizi, dicendomi: “quando vengo a scuola non mi sento merce avariata, ho l’impressione di poter ricominciare, mi ridate dignità”. La comunità dove mi piacerebbe crescesse mia figlia, non dovrebbe emarginare ma accogliere e sostenere chi cade, impariamo da Gesù: amiamo il nostro fratello più in difficoltà e vivremo il Paradiso già da vivi in questa terra di tormenti.

di Francesca Aricò

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