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L’attesa del grande assente

Se c’è qualcuno “assente” dal dibattito pubblico, nella società e - taluni paradossalmente dicono - nella chiesa, questo è Dio. La cosa è così banale che nessuno ne rimpiange la scomparsa, o lamenta l’oblio di Lui, perché non c’è alcun bisogno di cercarlo come datore di senso per la vita in quanto essa non ha alcuno scopo, meta o fine a cui tendere: si vive e basta. Non sfiora l’idea di Lui la mente del filosofo o dello scienziato: non se ne trarrebbe alcun vantaggio assumerla come ipotesi nella ricerca del pensiero o nei laboratori. Quanto ai ragazzi e giovani la cosa non potrebbe in alcun modo riguardarli. In fondo, tutti viviamo lo stesso anche se Lui esiste o non esiste. Accade, talora, che qualcuno agiti la questione “Dio dove sei?” nelle situazioni dei mali che ci affliggono personalmente o nell’addensarsi delle tragedie causate dai cataclismi della natura o degli orrori di cui l’uomo è capace: seppure esistesse questo Dio non viene a salvarci o è semplicemente impotente. Nella sopravvivenza di polverose vestigia millenarie della credenza in Lui di popoli, culture, religioni - quali feste, riti, simboli, templi, testi sacri, morali… - in realtà è sempre di più un “Deus absconditus” piuttosto che un “Deus revelatus”. Eppure questo Dio “silenziato” è vicino a ciascuno di noi più di quanto possiamo credere: in Lui ci muoviamo, esistiamo e siamo. Egli è «interior intimo meo et superior summo meo – più interiore della mia intimità e più elevato della mia sommità», così lo ha sperimentato Agostino d’Ippona e così continuano a sperimentarlo gli uomini e le donne che gli lasciano spazio e sanno ascoltare la voce del Silenzio. La traccia di Lui è impressa sul volto di ogni uomo, anche sul volto di chi lo nega: basta ri-conoscerLo ed ac-coglierLo. Martin Buber ci ricorda dalla tradizione ebraica: «Un giorno in cui riceveva degli ospiti eruditi, Rabbi Mendel di Kozk li stupì chiedendo loro a bruciapelo: “Dove abita Dio?”. Quelli risero di lui: “Ma che vi prende? Il mondo non è forse pieno della sua gloria?”. Ma il Rabbi diede lui stesso la risposta alla domanda: “Dio abita dove lo si lascia entrare”». Lui viene verso noi, ad-veniens, è sempre il Veniente, ci visita, ci parla, bussa alla nostra porta, si lascia riconoscere nella fragilità del bambino di Betlemme, come nella carne dell’altro di cui ciascuno è responsabile, ed at-tende la sua mano perchè la nostra mano si pro-tenda.

di Mons. Santino Colosi



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