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L’improbabile età dell’oro

Così come l'Antico Testamento non narra di una vera e propria "età dell'oro" dell'umanità (almeno non nel modo delle antiche mitologie) dove tutto andava alla perfezione, così anche nella Chiesa non è mai esistito un tale periodo, nemmeno quando ai discepoli si accompagnava Gesù, e questo con buona pace dei nostalgici (di cosa ?) e dei tradizionalisti di casa nostra. Anche oggi, nonostante sinodi, congressi, documenti e proclami, la Chiesa si trova spesso lontana dalle situazioni umane reali, sempre più chiusa in sé stessa, in perenne conflitto con la storia e per questo con un impellente bisogno di conversione. Ovviamente esistono al suo interno fulgidi esempi di santità : pontefici, vescovi, preti, religiosi e laici che testimoniano il Vangelo con la loro esistenza, spesso pagando di persona con persecuzioni e con la stessa vita, ma sono soltanto casi isolati, lodevoli eccezioni non la regola. Una riflessione su questo secolare problema non può che partire, sempre e comunque, da un serio confronto con la persona e il vissuto di Gesù, secondo la testimonianza che ci è stata tramandata nei Vangeli. Passare da una Chiesa immobile, chiusa, solo preoccupata di preservare e difendere la dottrina, la tradizione e i privilegi, a quella che torna alle sorgenti del Vangelo per camminare come madre e sorella, non alla testa, ma con e in mezzo agli uomini, per condividere con loro “le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce” (Gaudium et Spes). Per divenire casa che accoglie e luogo di incontro, dove ogni persona possa sentirsi rispettata e amata nella sua libertà e nella sua dignità, a prescindere dalla sua condizione sociale, dal suo credo, dalle sue tendenze politiche e sessuali. Una Chiesa dove alla base di ogni rapporto vi sia parità di dignità fra tutti i credenti, come ben si può ricavare dai testi del Nuovo Testamento, dove il sistema gerarchico (termine del tutto assente in tutto il Nuovo Testamento) cessi finalmente di pretendere di ergersi ad unico legale rappresentante di Dio, mettendo in pratica il richiamo del Signore: “Tra voi non è così!” (Mc 10,43). Una Chiesa libera da strutture che ancora fanno di essa una potenza politica perché diventi nel mondo sale e lievito, senza potere e ammanigliamenti di alcun genere con i potenti di questo mondo, riconoscibile solo per il suo amore incondizionato verso tutti gli uomini. Una Chiesa preoccupata più a cosa si fa in nome di Gesù che non a cosa si pensa o si dice di Lui. Non sono i pensieri a definire il cristiano, bensì le sue scelte di vita. Il Samaritano della parabola non ha un'esatta concezione di Dio (è un eretico !), ma è l'unico vero credente, poiché mostra di essere in sintonia con Lui, facendo infatti ciò che Dio avrebbe fatto se fosse passato in quel luogo (cfr. Lc 10,25-37). Gli altri, il sacerdote e il levita, nonostante la loro ortodossia, la loro obbedienza alla Legge di Dio, mostrano di essere tagliati fuori da un reale rapporto con Lui perché privi della Carità, l'unico vero dogma che realmente conduce alla salvezza (cfr. 1Gv 2,10). La Chiesa ha il compito fondamentale di annunciare e vivere il Vangelo attualizzandolo, per poter rispondere alle diverse situazioni che la storia va, di volta in volta, presentando. Il cristiano, infatti, non è chiamato a seguire un codice di norme, ma un uomo: Gesù Nazareno, il Signore!


di Santino Coppolino



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