La Bibbia, le Scritture, la Parola di Dio
Da molto tempo l'esegesi biblica ha fatto passi da gigante, però nonostante i molti progressi, si continua a leggere la Bibbia come fosse un libro di storia, pur sapendo che per l'uomo biblico la storia non è mai la semplice narrazione della cronaca o mera documentazione. Infatti nella letteratura antica, e perciò anche in quella biblica, viene utilizzato più un linguaggio figurato che storico. La Bibbia, come sappiamo, è un insieme di libri "ispirati" (73 nella Bibbia “Cattolica”) dallo Spirito di Dio ma questo privilegio è molto più complesso di quanto appaia. Se è vero che << tutta la Scrittura è ispirata >> (2Tm 3,16), tuttavia non tutto è Parola di Dio, poiché non sempre è chiaro ciò che appartiene alla cultura di chi scrive e ciò che, invece, è costituito dalla verità dell'annuncio. Anche se dietro l'autore sacro c'è sempre un Altro che lo muove, il testo rimane comunque un prodotto umano. La Bibbia, infatti, non è un libro calato dall'alto come, ad esempio, è il Corano per i musulmani, né è scritto nella lingua degli angeli, bensì in quella dei discendenti di "Abramo, Isacco e Giacobbe", che sono ebrei. La maggior parte del contenuto biblico fa parte del bagaglio culturale degli autori che sono orientali, semiti, ebrei , << dei quali Dio si serve, ne rispetta le conoscenze scientifiche, etiche e religiose, ma con i quali non si può identificare >> (cit). Anche il Nuovo Testamento è giunto a noi attraverso i parametri, la categorie, i dati culturali, gli artifici linguistici di un gruppo di persone vissuto in Palestina nel primo secolo dopo Cristo, che ha una sua concezione del mondo (cosmologia), di Dio (teologia), così come i rapporti umani che vengono dall'esperienza della vita e che Dio non ha inteso toccare. Anche Gesù aveva la psicologia, l'etica, la mente, il cuore e la formazione culturale di un Galileo del suo tempo. Se non entriamo in quest'ordine di idee, ossia nella mentalità propria di ogni autore che ha scritto, non saremo in grado di leggere e interpretare correttamente la Bibbia, sia l'Antico che il Nuovo Testamento, cioè di comprendere in profondità il significato del messaggio che Dio vuol farci conoscere. Leggere e interpretare la Bibbia, pertanto, più che una questione di autorità costituita, è una questione di competenza, di conoscenza del mondo in cui essa ha avuto origine, di conoscenza delle lingue antiche, del linguaggio biblico, e << se tutto questo non è in nostro possesso, non può essere sostituito con nessun altro titolo, nemmeno appellarsi alla "grazia dello stato" >> (cit.), cioè ad una speciale assistenza dello Spirito, poiché questa viene elargita senza riserve e senza limiti a tutti coloro che si pongono in ascolto della Sua Voce, cioè ad ogni persona << di buona volontà >>. E invece il testo biblico viene bistrattato e strapazzato alla stregua di un qualsiasi libro, come testimonia l'uso disinvolto, distratto e impreparato che spesso accada nella predicazione e nella catechesi: non basta aprirlo e leggerlo per comprenderne il significato, perché quando non lo si comprende, o peggio, se ne fraintende il senso, si tradisce la volontà e il pensiero stesso di Dio; per questa ragione tante, troppe verità sono state proposte, spesso imposte, ai credenti, in nome di una lettura superficiale ed empirica del testo sacro.
di Santino Coppolino
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