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La Chiesa oggi una minoranza che parla al mondo



Mentre un po’ dappertutto le diocesi e le parrocchie cercano di programmare l’ inizio del nuovo anno pastorale, pur tra le mille precarietà dovute al perdurare della pandemia, un dato reale e oggettivo sembra definitivamente essere assodato: il covid-19 ha velocizzato e rafforzato quel processo di lenta e inesorabile secolarizzazione della nostra società, in linea con il resto dell’Europa e del mondo occidentale. Ad accompagnare la Chiesa dei prossimi decenni dovrà dunque essere la cosiddetta logica dei piccoli numeri, logica che non deve preoccupare ne scandalizzare in quanto è al “resto di Israele” che guardava il Dio del Primo Testamento, è al “piccolo gregge” che il Signore Gesù rivolgeva le sue parole nel Vangelo ed è attraverso i cristiani battezzati di oggi, minoranza della società, che Cristo continua la sua opera di salvezza per l’intera umanità: l’agire di Dio non si affida alle masse e ai grandi numeri, ma alle vie dell’interiorità che rimandano alla grazia divina. L’essere piccoli, l’essere pochi in questo nostro tempo però non può e non deve portarci a chiuderci letteralmente dentro le nostre chiese, i nostri oratori, i nostri spazi, continuando a tenere imperterriti gli stessi stili di sempre e a proporre gli stessi schemi, retaggio e impalcatura di una cultura e di un sentire generale che non esiste più. In questo quadro, la sfida dell’essere cristiani oggi non è da poco, perché si tratta di rigenerare un’identità non più scontata e di porsi apertamente e coraggiosamente in dialogo con la cultura attuale che pone domande a cui si deve rispondere senza aver paura di usare le parole e i canali comunicativi nuovi che l’epoca digitale e dei social offre, mostrando la ricchezza di senso inscritta nella tradizione e nell'insegnamento della Chiesa che trae la sua fonte dalla Parola di Dio: è importante, a questo livello, che si possa verificare se e in che misura la nostra piccola e fragile fede è in grado di leggere il mondo che ci circonda - un mondo che tante volte neanche sa più chi è Gesù Cristo o perché nessuno gliene ha mai parlato o perché, per alterne vicende, lo ha profondamente dimenticato - e di dare senso compiuto alle esperienze fondamentali dell’uomo nel contesto attuale: il senso dell’amore, della fatica, della vita e della morte, dell’educazione… Come il piccolo gruppo degli apostoli a Pentecoste allora dobbiamo sentirci tutti, vescovi, sacerdoti e laici spronati a uscire fuori per testimoniare attraverso le nostre opere e i nostri stili di vita, prima ancora che con le parole, quello che ciascuno di noi per primo ha sperimentato, facendone personalmente e comunitariamente esperienza, ossia la gioia di sapersi nel Cristo morto e risorto, figli amati di un Padre che sta nei cieli, che ogni giorno chiama tutti a seguirlo nei solchi della storia, nonostante i nostri fallimenti e le nostre fragilità umane, e che altro non vuole che la nostra vita sia salva e realmente felice.

Gabriele Panarello



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