La Kalenda di Natale La liturgia del tempo che si fa eternità
- taborsettepuntozer
- 23 dic 2024
- Tempo di lettura: 3 min
Tra i momenti più solenni e suggestivi della liturgia natalizia, spicca la “Kalenda di Natale”, il canto che proclama l’Incarnazione di Cristo come il centro della storia. Non è solo un testo liturgico, ma un vero e proprio manifesto teologico che intreccia il tempo e l’eterno, la storia e il mistero. La Kalenda, infatti, non si limita a commemorare la nascita di Gesù, ma ci invita a contemplare il senso ultimo della storia umana, culminata nella “pienezza del tempo” con l’evento di Betlemme.
Il testo della Kalenda è un inno al tempo, una cronologia poetica che parte dalla creazione del mondo e attraversa le epoche della salvezza: dalla chiamata di Abramo alla liberazione dall’Egitto, dalla fondazione di Roma all’Impero di Cesare Augusto. Questo crescendo non è una semplice ricapitolazione di eventi, ma un richiamo alla verità che sant’Agostino descrive nelle Confessioni: “Tu cihai fatti per te, e inquieto è il nostro cuore finché non riposa in te”. Ogni evento della storia, anche il più ordinario, trova il suo senso ultimo in Cristo, che riempie il tempo con la sua presenza salvifica.
I Padri della Chiesa avevano ben compreso che la nascita di Cristo non è un fatto isolato, ma il compimento di un disegno eterno. Per S. Leone Magno, nell’Incarnazione si realizza la promessa di Dio di “rendere l’uomo partecipe della natura divina”. In questa prospettiva, la Kalenda non è solo un racconto storico, ma una proclamazione teologica: il tempo umano, spesso percepito come frammentato e caotico, è stato trasformato dall’Incarnazione in tempo di salvezza.
Al centro della Kalenda troviamo l’espressione “nella pienezza del tempo”, ripresa dalla lettera ai Galati (Gal 4,4). Con l’Incarnazione, il tempo raggiunge il suo culmine: non è più solo una sequenza lineare di eventi, ma diventa il luogo in cui Dio entra nella storia umana. Dostoevskij, nel suo romanzo I Fratelli Karamazov, ci offre una riflessione profonda sull’Incarnazione: “Quale bellezza può salvare il mondo, se non quella di un Dio che si fa uomo per camminare tra gli uomini?”. Cristo, nascendo, non abita solo un momento storico, ma trasforma ogni frammento di tempo in un’occasione di redenzione.
Il linguaggio della Kalenda, con la sua solennità, ci invita a guardare il tempo con occhi nuovi. La sua struttura ascendente culmina nell’annuncio che il Salvatore è nato “da Maria Vergine, a Betlemme, in Giudea”: un luogo e un tempo precisi, ma che aprono le porte all’eternità. Come scrive sant’Ireneo, “Dio si è fatto ciò che siamo noi, affinché noi potessimo diventare ciò che Egli è”. In Cristo, il tempo umano si innesta nell’eterno, e la nascita di un bambino diventa la rinascita di tutto il creato.
La Kalenda non è solo una celebrazione del passato, ma una chiamata per il presente. La sua proclamazione liturgica ci invita a vivere il Natale come un evento vivo, in cui il Verbo continua a incarnarsi nella nostra vita. L’uomo non può vivere senza Dio, e la Kalenda ci mostra che Dio ha scelto di vivere con noi, entrando nella nostra storia per redimerla.
Accogliere la Kalenda significa riconoscere che ogni giorno è tempo di salvezza. Anche oggi, in un mondo frammentato e smarrito, Cristo continua a nascere nei cuori che lo accolgono. La Kalenda, con il suo richiamo alla pienezza del tempo, ci sprona a trasformare la nostra storia personale in un luogo in cui l’Eterno si fa vicino, in cui Dio si fa uomo perché noi possiamo diventare figli di Dio.
di Louis Manuguerra
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