La mia esperienza di Turchia Alle radici
Un euntusiasmante ritorno alle origini! Non c’è forse espressione migliore per descrivere l’esperienza che ho vissuto visitando, nei giorni scorsi, la Turchia insieme a due miei confratelli di Seminario e ad altri studenti della Pontifica Università Gregoriana. Entusiasmante anzitutto perché ogni viaggio che si condivide con altre persone porta con sé in dono la grande possibilità non solo di arricchire il proprio bagaglio di conoscenze oggettive ma anche e soprattutto perché permette di intessere relazioni nuove, di scoprire dietro volti poco prima perfettamente sconosciuti interessi, vissuti, storie, perché, in fin dei conti, consente di allargare gli orizzonti.
Ritorno alle origini, poi, perché il viaggio è stato pensato e costruito dai docenti che ci accompagnavano per permetterci di viaggiare oltre che fisicamente, anche interiormente riportandoci nei luoghi in cui affonda le radici la nostra cultura occidentale sia dal punto di vista più prettamente culturale e intellettuale sia dal punto di vista del nostro credo e della fede che professiamo.
Così, tra i molti siti archeologici visitati, una menzione particolare meritano: Mileto, la città che diede i natali a quello che viene considerato il primo filosofo ossia Talete; l’antica città di Efeso, terra evangelizzata dall’Apostolo Paolo (abbiamo avuto l’oppurtunità ripercorrendo la via che dall’antico porto conduceva al cuore della città di vedere con i nostri occhi la stessa imponenza archittettonica della città che vide Paolo) e dall’Apostolo Giovanni - di cui si conserva il sepolcro - e luogo che ha visto celebrarsi il Terzo Concilio Ecumenico della Chiesa nel 431 d.C. dove Maria venne proclamata ufficialmente “Madre di Dio”; e infine i pochissimi resti del palazzo imperiale di Nicea lì dove ben 1700 anni fa si svolse il Primo Concilio (325 d.C.) sotto l’egida dell’imperatore Costantino e in cui si stabilì, almeno in parte, la professione di fede che ancora oggi di domenica in domenica recitiamo nelle nostre assemblee.
A Nicea è poi perfettamente conservata quella che fu la basilica cristiana in cui si svolse nel 787 d.C. un altro concilio ecumenico… ma attualmente questa splendita struttura, testimonianza dell’arte cristiana, è una moschea islamica.
Questo inciso serve per constatare come oggi quella terra, culla della nostra civiltà e della nostra fede, è come se disconoscesse tutto questo: emblema paradigmatico, oltre Nicea, ne è la città di Istanbul - porta dell’oriente o dell’occidente, a seconda delle prospettive - con, in modo particolare, la stupefacente basilica cristiana di Santa Sophia - risalente all’epoca dell’Impero Romano - oggi, dopo tanti anni di musealizzazione, ricovertita in moschea.
Mettendo a confronto il tutto - senza voler giudicare niente e nessuno - è come se tutto quello che nei secoli passati quelle terre hanno vissuto, custodito e visto nascere si sia letteralmente polverizzato non lasciando alcuna traccia nella popolazione e nei costumi della Turchia odierna.
Eppure in questo contesto, qui dove le radici del mondo occidentale e cristiano sembrano ormai rinsecchitte irreparabilmente non mancano piccoli germogli segno di una vita che va avanti. Sul finire del nostro tour, mentre ci trovavamo nella città di Istanbul abbiamo avuto la grande opportunià di incontrare sia il vescovo cattolico di Istanbul mons. Massimiliano Palinuro che il Patriarca ecumenico (ortodosso) di Costantinopoli Bartolomeo I. Sono state in modo particolare le parole e la testimonianza “a cuore aperto” di mons. Palinuro a rinfrancarmi: non ha nascosto le grosse difficoltà legate al contesto socio-politico in cui si trova a operare ma ha condiviso l’esperienza viva della piccolissima comunità cattolica di Istanbul e della Turchia - davvero un piccolo gregge! - che non rinuncia a testimoniare il Vangelo e che non si stanca, nel dialogo faticoso con tutti, di portare nella semplicità (e non nelle dottrine teologiche!) la bellezza di un Dio che è Amore e che si è fatto uomo per la salvezza di tutti.
Se questo viaggio può aver lasciato in me molto a livello personale tanto che ci vorrà del tempo per rimettere insieme tutti i pezzi, spero che questa ultima parte della mia condivisione possa servire a ciascuno per sentirsi custode di un grande tesoro culturale, parte di una lunga e affascinante storia e chiamato a non venire mai meno alla missione di annunciare Cristo con la propria vita e con le proprie opere.
di Gabriele Panarello
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