La persistenza di un modelloLa chiesa “costantiniana”
L'editto di Milano (313), promulgato dagli imperatori Costantino (in occidente) e Licinio (in oriente), rappresenta uno spartiacque nella storia della Chiesa in quanto ne segna ufficialmente l'uscita dalle catacombe, la fine delle persecuzioni (da parte dell’impero) e l'inizio della cristianità. Meno di 70 anni dopo (380) l'imperatore Teodosio, con l'editto di Tessalonica, dichiarava il cristianesimo unica religione lecita dell'impero, minacciando severe sanzioni per coloro che ne avrebbero confessate altre. E così il cristianesimo era divenuto religione di Stato, dove non più il Papa, ma l'imperatore dettava le regole. Il fatto più significativo fu la convocazione dei primi concili. A convocarli e presiederli non fu il Papa, bensì l'imperatore: Costantino a Nicea (325), Teodosio Magno al Costantinopoli I (381), Teodosio II ad Efeso (431) e Marciano a Calcedonia (451). La sostituzione era avvenuta: il trono di Cristo era stato usurpato dall'imperatore, al quale non importava affatto di Gesù o del Vangelo, come non importava fermare le persecuzioni se non per sola convenienza politica, ma solo convincere i cristiani a cambiare divinità pur credendo di servire il loro Dio: passare dalla parte dell'imperatore, nella certezza che questo era il volere di Dio se l'impero fosse divenuto cristiano, coinvolgendo in questa trappola l'autorità ecclesiale. C'è un passaggio, narrato da Eusebio di Cesarea, che rivela la trasformazione del cristianesimo in religione di stato. A conclusione del Concilio di Nicea, Costantino invita tutti i partecipanti ad un banchetto, serviti e onorati come nobili, tanto che lo stesso Eusebio annota: «Sembrava quasi di vivere una nuova Pentecoste, di contemplare un'immagine del Regno di Dio» (Vita di Costantino). Era invece il regno dell'imperatore che aveva trasformato i servi di Dio in suoi servi, pagando il prezzo con denaro, onori, dimore lussuose e autorità assoluta e indiscussa sul popolo di Dio. In sintesi, coloro che avevano ricevuto il mandato di annunziare il Vangelo, avevano barattato il servizio con onori e splendori di corte, esaltazione personale fino a sentirsi «quasi un Dio in terra, alter Christus, alter Deus, volontà di Dio, potere di Dio» (cit). L'evento viene tutt'oggi celebrato nella Chiesa da gruppi di tradizionalisti, mentre da gran parte dei cristiani è considerato il simbolo del tradimento del Vangelo, il germe del nefasto legame tra Chiesa e potere. Certamente, oggi siamo lontani da alcune esasperazioni, ma del marcio sembra essere rimasto, visto che nel clero c'è ancora chi ricerca narcisisticamente sé stesso in onorificenze, diocesi, parrocchie, nunziature e incarichi prestigiosi. Ammettere che nella Chiesa di Gesù povero si possa ancora parlare di cursus honorum sà di blasfemia. E poi: discutibili alleanze di ancor più discutibili politici con alcune frange di cattolici, il comportamento di masse che si professano cristiane, ma assumono come proprie politiche pagane, fanno tornare attuale il rischio di dirci cristiani senza esserlo, gente che ha perso ogni memoria del Gesù dei Vangeli.
Per capire più a fondo il problema serve ricordare che dal IV secolo in poi il messaggio di Gesù giunge alla Chiesa contaminato dalla preoccupazione, tipica della filosofia greca, di indagare, capire, razionalizzare il mistero (per quanto possibile), trasformando così Gesù, da evento di salvezza che cambia la vita, in oggetto di studio sulla sua misteriosa natura. Abbiamo dimenticato che Gesù è stato soprattutto impegnato a lenire le sofferenze fisiche e spirituali degli uomini, che il Maestro ha consegnato a noi la Buona Notizia da vivere nell'amore e nel servizio agli ultimi. Dopo il 313 è stato difficile per i teologi ripensare la teologia a partire dal Vangelo perché il suo messaggio non fosse condizionato da influssi filosofici, ma illuminasse i problemi che la vita ci presenta. Se dopo Costantino e Teodosio, riportare il Vangelo nel cuore della Chiesa è stata un'impresa rimandata per quasi duemila anni (tentata dal Concilio, ma fortemente contrastata da buona parte della Chiesa preoccupata invece di annullarlo) l'elezione di Papa Francesco ha acceso la speranza che è ancora possibile perseguire l'utopia del Regno di Dio secondo il progetto di vita di Gesù.
di Santino Coppolino
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