La preghiera di S. Bernardo nel Paradiso dantesco
“Doctor mellifluus” è stato definito San Bernardo di Chiaravalle, abate e dottore della Chiesa del XII secolo, il quale affermava che “solo Gesù è miele alla bocca, canto all’orecchio, giubilo nel cuore” e che per lui nessun discorso, nessuna parola aveva sapore, se non vi avesse “sentito risuonare il nome di Gesù” (Sermones in Cantica Canticorum XV, 6). Benedetto XVI, denominandolo “vero innamorato di Gesù e di Maria”, parla di lui come di un teologo le cui riflessioni acquistano un alto grado di credibilità perché sostenute da un intimo rapporto con il Signore, dalla preghiera e dalla contemplazione e non dal vano esercizio intellettuale; il cristiano che cerca Dio lo trova più facilmente con la preghiera che con la discussione. Dante, nel XXXIII canto del Paradiso, sceglie proprio san Bernardo per elevare alla Madre di Dio il più bello degli inni composti in suo onore, un inno di lode affinché interceda per il poeta presso Dio e gli ottenga la grazia necessaria per la visione finale. “Vergine Madre, figlia del tuo figlio” (v. 1): la “santa orazione” (vv. 1-21), come viene definita dal sommo poeta (Par., XXXII, v. 151) inizia con un ossimoro (accostamento di due parole che esprimono concetti opposti), con una figura retorica che caratterizza la prima terzina, riproposta secondo una serie che, lungi dal creare ridondanza, serve ad illuminare con sublime leggerezza una mariologia perfetta dal punto di vista dottrinale. Maria è Vergine, anzi, è la Vergine, è esente da ogni peccato, originale e personale, è l’Immacolata Concezione, preservata dal peccato sin dal momento in cui la sua anima si è unita al corpo; è Colei che in totale libertà ha accettato la presenza di Dio nella sua vita al punto che, nelle parole dell’arcangelo Gabriele, rivelazione e compimento del disegno divino coincidono. Il Signore è con Lei nella pienezza trinitaria, come Dio Figlio che prende carne dalla sua carne, rendendola Madre, come Dio Spirito santo che a Lei si unisce nella fecondità, rendendola Sposa, come Dio Padre che in Lei, figlia, genera Suo Figlio.
“Termine fisso d’etterno consiglio”: il “sì” di Maria non viene “dopo”, non è semplicemente espressione della volontà di una donna che aderisce a ciò che il messaggero di Dio le sta rivelando; esiste già “prima”, è il punto di arrivo di un disegno divino stabilito dall’eternità, è la porta attraverso cui il Figlio si fa Uomo ed entra nella storia. Perché è Dio che sceglie Gesù Cristo ed è Dio che sceglie Maria, primigenia espressione di un’umanità predestinata da Dio alla stessa sorte del Cristo. “Umile e alta più che creatura” (v. 3): la serie degli ossimori che caratterizzano tutta la terzina si arricchisce dell’ accostamento di due aggettivi apparentemente opposti nel significato, umile e alta , che meglio definiscono la peculiare essenza di questa donna; Ella partecipa dell’umana e della divina natura, per essere rivestita al sommo grado, rispetto a tutti gli altri esseri umani, di dignità e perfezione, pur restando una creatura, pregna del primordiale impasto minerale (homo, uomo da humus, terra). Maria è incarnazione dell’umanità su cui il Padre riversa il suo Amore attraverso il sacrificio del Figlio, dell’umanità redenta dal sangue del Figlio e, come Lui, predestinata alla gioia piena. Nel Sermone nella domenica fra l’ottava dell’Assunzione san Bernardo ricorda l’intima partecipazione di Maria alla Passione di Cristo e la definisce “più che martire”, perché le sofferenze da Lei patite ai piedi della croce superarono di gran lunga quelle del martirio. La compassio, la partecipazione al sacrificio del Figlio conferisce alla Vergine un ruolo di rilievo per arrivare a Dio, alla salvezza. Donna, se' tanto grande e tanto vali, /che qual vuol grazia e a te non ricorre, / sua disïanza vuol volar sanz' ali (vv. 13-15): l’appellativo con cui si apre questa terzina, “donna”, non ha nulla di sprezzante in sé, ricorda, e non a caso, due episodi del Vangelo, le nozze di Cana (Gv. 2, 1-11) e un particolare momento prima della morte sulla croce (Gv. 19, 26-27), nei quali Gesù, rivolgendosi allo stesso modo a sua Madre, prende distanza da Lei per mettere in risalto che, nella sua missione, obbedisce ad un’altra legge, quella del Padre. Si tratta di due circostanze in cui risulta l’efficacia dell’intercessione della Madre presso il Figlio; come sottolinea Dante per bocca di san Bernardo in questi versi: Maria è tanto grande e potente che chiunque desideri una grazia e non ricorra a Lei per ottenerla è come colui che vuol volare senza avere le ali. E subito dopo, sempre attraverso la preghiera di san Bernardo, aggiunge che la bontà della Vergine non solo viene in soccorso a colui che domanda la sua intercessione (La tua benignità non pur soccorre/ a chi domanda, vv. 16-17,), ma spesso previene generosamente la preghiera (ma molte fïate / liberamente al dimandar precorre, vv. 17-18).
In Maria c’è misericordia, pietà, generosità infinita (In te misericordia, in te pietate,/in te magnificenza,vv. 19-20), in Lei si assomma quanto c’è di buono nelle creature (in te s'aduna/quantunque in creatura è di bontate, vv. 20-21). Maria racchiude in sé tutte le qualità proprie di ogni creatura, perché “conformata” a Cristo, anche se al massimo grado. Cristo è il nuovo Adamo, perché rivelando il mistero del Padre e del suo amore, ha rivelato l’uomo a se stesso, gli ha manifestato la sua altissima vocazione (Gaudium et spes, n. 22); l’umanesimo è dunque “cristiano”, l’uomo è “vero uomo” quando è “cristiano”, quando è “come Cristo”, non quando prende distanza da Lui, soccombendo al peccato. L’uomo che fissa lo sguardo su Maria, come sulla stella che guida il cammino, crede nel miracolo, ha fede, come Lei a Cana; cogliere l’essenza delle parole, degli eventi, dell’altro, che compie anche un solo tratto del cammino con noi, è dono della presenza dello Spirito nel cristiano che si arrende all’Amore, è il profondo significato dell’essere cristiano. Avere fede nel miracolo, quindi, non è semplicemente avere consapevolezza della potenza di Dio, demandando a Lui; equivale, invece, all’abbandonarsi a Lui, abbracciando il suo progetto come co-costruttori del Suo regno.
di Tinuccia Russo
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