La sinodalità e il Dio che viene
Chi ama la chiesa, così com’è, e sente quindi il dovere di partecipare alla vita ecclesiale, vede nel cammino sinodale, aperto il 17 ottobre 2021, un’occasione straordinaria per dare un contributo ad una chiesa più comunionale. Anche in passato ci sono stati sinodi diocesani (l’ultimo, per la diocesi messinese, risale al 1725 con l’arcivescovo Giuseppe Migliaccio (1698-1729) ma con la partecipazione, passiva a dire il vero, del clero, in tempi esigui e su temi di carattere disciplinare. E’ grazie alla spinta di papa Francesco che è iniziata una fase nuova ed originale per la vita della chiesa. A differenza dei convegni ecclesiali che hanno segnato il cammino della chiesa italiana del post concilio, che vedevano fra i partecipanti solo piccole rappresentanze diocesane, ogni fedele, adesso, è chiamato a dare il proprio contributo. Si può immaginare, quindi, con quanto interesse i fedeli laici hanno letto la tanto attesa relazione conclusiva della prima fase diocesana pubblicata il 15 agosto. Una relazione ben elaborata, che offre, senza retorica, una lettura della vita diocesana realistica e condivisibile, senza nascondere criticità, a volte anche gravi, di cui la nostra diocesi soffre da tempo. Il documento ha però il limite di non citare dati quantitativi (per esempio, quante parrocchie, sappiamo una minoranza, hanno risposto?). Detto ciò, è comunque vero che nella nostra diocesi la sinodalità ha cominciato a fare i primi timidi passi e la complessità del cammino fa apparire quasi fisiologici ritardi e lacune di questa fase iniziale. Non si tratta infatti di imparare regole e procedure, ma di assimilare uno stile di chiesa, sinodale appunto, che secoli di storia hanno purtroppo negato ed ignorato, a favore di una visione gerarchica-piramidale che ha soverchiato, fin quasi a svuotarla del tutto, la dimensione orizzontale. Inutile sorprendersi quindi del perdurante clericalismo che corrode ancora il vissuto ecclesiale di gran parte dei laici cattolici, inutile evidenziare il fatto che per molti la chiesa è semplicemente il luogo dove si ottengono servizi (messe per i defunti, battesimi, etc) in cambio di offerte. Non è facile cambiare rotta dopo tanti secoli ed è improbabile che il cammino dia frutti immediati. La sinodalità fa capire che il futuro della fede non dipende da un ritorno anacronistico alla cristianità, ma da come sapremo aprirci all’azione rigenerante dello Spirito Santo, senza nostalgie di un passato tramontato per sempre. Il cammino sinodale rappresenta quindi, aldilà di problemi contingenti che pure vanno affrontati, l’apertura al futuro, senza paura, la fede in un Dio che non solo è, ma viene.
di Dino Calderone
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