«La tradizione è custodire il fuoco, non adorare le ceneri». Gustav Mahler
Mi diletto a leggere e non raramente m’imbatto in aforismi folgoranti non solo per la loro forza espressiva, ma ancor più perché mi sollecitano a leggere il presente da prospettive sempre nuove.
Osservo la chiesa locale, la vita delle comunità del vasto e composito territorio tra i mari ed i monti, in paesi e villaggi spopolati, nascosti in verdi vallate o posti in alto sulle colline, nei centri rivieraschi densamente popolati o nella convulsa e caotica città, nelle affascinanti isole eolie: un popolo di Dio, di santi e di peccatori, con un immenso patrimonio di cultura, di arte, di bellezza, di pratiche di vita cristiana, con un passato di grandi gioie e di immensi dolori.
Amo questa chiesa che mi è madre e per la quale esercito il ministero presbiterale a favore dei credenti, per quanti cercano il Signore con cuore sincero e per quanti sono provati dalla fatica di vivere. Uomo tra gli uomini e per gli uomini costituito nel servizio di Dio.
Mi appassiono ai grandi temi della società del nostro tempo, al travaglio di esistenze provate dai mutamenti in ogni ambito e settore della quotidianità personale, sociale e del villaggio globale.
Avverto, sempre più, la siderale distanza tra la chiesa e le persone, percepisco l’indifferenza degli adulti e delle nuove generazioni all’annuncio flebile e poco attrattivo della fede.
M’interrogo sulla riproposizione di un “sacro”, tra l’altro adulterato e ridotto a vuota e ridicola messinscena, come ripiegamento securizzante di forme e stili pastorali che scimmiottano epoche ecclesiali del passato remoto e che demarcano il confine tra la “la chiesa cittadella” e la società che l’assedia.
Ostinato ed inguaribile testimone del mio tempo drammatico e gravido di novità, con “l’ottimismo tragico” del personalismo cristiano al quale mi sono formato, guardo avanti con fiducia perché credo nel “fuoco” dell’Evangelo che sempre “arde” nei cuori e mette un fremito nei piedi dei messaggeri.
Un fuoco da risvegliare oltre la spessa coltre di cenere.
di Mons. Santino Colosi
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