Le parrocchie dopo il Covid
Cosa accadrà nelle parrocchie dopo il Covid? Si cercherà forse di “riportare indietro le lancette dell’orologio della storia” come fecero le potenze della Restaurazione riunite nel Congresso di Vienna del 1814-15? Oppure si prenderà atto delle tendenze che la pandemia non ha fatto altro che accelerare? Sono interrogativi che circolano già dal periodo post lockdown nel variegato mondo cattolico. Lo storico delle religioni statunitense Philip Jenkins afferma che, in seguito a pandemie e periodi di crisi, come le epidemie del III sec. nell’Impero Romano, la Grande Depressione dopo il crollo di Wall Street del 1929 o, più recentemente, la crisi economica del 2007-2008, le istituzioni religiose più tradizionali hanno subito un forte indebolimento a favore di fedi più giovani. Se pensiamo che in Italia e in buona parte dell’Europa centro-occidentale la chiesa cattolica è l’istituzione religiosa più antica, occorre quanto meno riflettere su ciò che sta accadendo. La pandemia ha spazzato via prassi consolidate nelle nostre parrocchie: i percorsi di catechesi dei fanciulli e degli adolescenti con attività in presenza seguono l’andamento della curva pandemica; gli incontri di gruppi, movimenti e associazioni laicali adesso vengono frequentati da un numero ridotto di persone; difficilissimo organizzare ritiri spirituali e pellegrinaggi; è un azzardo vivere momenti ricreativi, di fraternità, gite che, oltre a costituire momenti di socializzazione, contribuiscono a cementare lo spirito comunitario. Alle stesse celebrazioni liturgiche partecipano pochi fedeli: numerosi anziani ormai “sentono la Messa” in televisione, molti giovani, quelli che più di altri hanno sentito il peso dell’isolamento cui siamo stati sottoposti, si sono allontanati. Insomma, la pandemia sembra aver dato un durissimo colpo a un tessuto già sfaldato che si è ulteriormente lacerato, che è diventato sempre più “liquido”. Eppure in molte parrocchie sono state sperimentate nuove forme di comunicazione. In numerose comunità ormai vengono usati whatsapp, l’email, Facebook. In tante diocesi e parrocchie sono state organizzate dirette con emittenti TV locali o in streaming. Innumerevoli sono anche le attività on line, mediante varie piattaforme, finalizzate a far mantenere uno spirito di appartenenza a una comunità. Di recente molte attività in presenza sono, pur faticosamente, ripartite. Insomma, tante comunità stanno dimostrando una notevole capacità di resilienza.
A ulteriore supporto di previsioni ottimistiche, si potrebbe affermare che ogni parrocchia è impermeabile alle difficoltà causate dal Covid-19, perché tra le persone c’è un legame superiore di tipo spirituale che unisce i fedeli al loro pastore. Ma, ad una attenta lettura della realtà, quante sono le parrocchie in cui lo spirito comunitario è così forte da resistere all’urto dell’allentamento dei legami sociali? Forse i cristiani diventeranno davvero un “piccolo gregge”, come affermava Paolo VI, richiamando il Vangelo di Luca. In tal caso, come ridefinire le rispettive responsabilità di sacerdoti e laici?
Occorrerebbe interrogarsi, fare discernimento, soprattutto nell’attraversamento di tale crisi epocale: ci sarà un prima e un dopo il Covid-19 anche per le nostre comunità parrocchiali.
di Alessandro Di Bella
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