top of page

Malattia e peccato

Di fronte ad una grave malattia o alla perdita di una persona cara rimaniamo sbigottiti, soprattutto se assidui frequentatori del sacro: «Ma perché proprio a me? Che ho fatto di male?». E' questo il momento cruciale in cui entrano in scena gli amici di Giobbe, i pii, quelli con la tradizione in tasca e il catechismo in mano, pronti a darlo in testa al povero malcapitato, i quali rincarano la dose: «Se ti è accaduto così è segno che hai fatto del male e Dio ti ha punito». Gli uomini di religione credono di essere i legali rappresentanti di Dio, scribi e farisei accecati dall'ideologia-religione, che «hanno abbandonato la Sorgente di acqua viva per scavarsi cisterne screpolate che non trattengono l'acqua».(Ger 2,13). E quando Dio si manifesta, come con Gesù, non solo non lo riconoscono, ma ordiscono trame per ucciderlo. Avveniva al tempo di Gesù, avviene oggi ogni qualvolta pretendiamo di rinchiudere Gesù nei nostri schemi religiosi. Viviamo aggrappati alle tradizioni come cozze a uno scoglio, e tutto ciò che non rientra nei nostri parametri religiosi lo escludiamo ritenendolo eresia. La relazione tra malattia e peccato  è penetrata mettendo radici nel nostro modo di pensare la fede, nonostante Gesù abbia smentito ogni relazione tra le due cose. Grande è la responsabilità della Chiesa che, ignorando il Vangelo, ha favorito la categoria veterotestamentaria della malattia come conseguenza del peccato, dimenticando quanto detto da Gesù e orientandosi verso la Legge di Mosè. Le malattie sono viste come un dono, una via privilegiata offerta da Dio per unirsi alle sofferenze di Gesù, offerte come espiazione delle colpe, per la salvezza dei peccatori e delle anime del purgatorio: «Vino nuovo in otri nuovi» dice Gesù. Cosa significa? Il volto di Dio che Gesù ci ha rivelato è incompatibile con questo modo di intendere la fede, allora come oggi. Il Padre ci invita ad ascoltare Gesù (cfr. Lc 9,35), ma se Gesù non collima con le nostre idee su di Lui, allora proseguiamo per la nostra strada convinti di essere nel giusto e condanniamo come eretici coloro che non fanno parte del nostro cerchio magico. Quanta strada abbiamo ancora da fare per liberarci dalle immagini di Dio che certa tradizione vuole ancora oggi imporre e che sono lontanissime dal volto dell'Abbà-Amore consegnataci nei Vangeli. Soltanto Gesù è il Volto di Dio cui la tradizione va assolutamente subordinata. E' una bella provocazione per le nostre comunità che cercano ancora di proporre l'esperienza di fede in Gesù rifacendosi ad un passato immaginario che non esiste più e 

che taluni vorrebbero riesumare, con un linguaggio ormai desueto. Sorgono ancora scribi nostalgici che fanno della tradizione un assoluto intangibile, assistiamo al ritorno di espressioni della fede che hanno solo il sapore della nostalgia, come la celebrazione della Messa secondo il rito preconciliare. Quale ecclesiologia si nasconde dietro tali nostalgie, quale modello di Chiesa si propone è facile intuire. La profezia sembra aver disertato la Chiesa ridotta ormai ad agenzia etica che lascia nel dimenticatoio il Vangelo. Per restare fedele al Vangelo, la Chiesa è chiamata a compiere un esodo da sé stessa, rinunciando a pensare che la fedeltà alla tradizione coincida con la fedeltà a Dio. Abbiamo bisogno di discepoli del Regno che sappiano ridare alla Chiesa e al mondo il sapore della novità del Dio di Gesù, non di scribi prigionieri di una tradizione fine a sé stessa che «spendono le loro energie in un accanimento terapeutico esibito per tenere in vita una religione ormai definitivamente irrecuperabile» (cit.). La tradizione (quella con la t minuscola) va sempre subordinata al Vangelo! Solo così la nostra fede non saprà più di stantio, ma acquisterà di nuovo il sapore del buon pane fresco per la vita del mondo. «Domandiamo al Signore che liberi la Chiesa da coloro che vogliono invecchiarla, fissarla nel passato, frenarla, renderla immobile». Papa Francesco, Christus Vivit n°35)


ree

di Santino Coppolino

 
 
 

Commenti


Creato da Filippo Maniscalco

Gestito Antonino Cicero

bottom of page