Nel deserto Una voce di sottile silenzio
Il capitolo 19 del Primo Libro dei Re ci presenta il profeta Elia che fugge dalle ire della regina Gezabele (una principessa pagana presa in moglie dal re di Israele Acab) nel deserto, verso il monte Oreb. Il suo cammino è il paradigma dell'itinerario di ogni credente che deve fare i conti con gli idoli del mondo, che sono poi gli stessi che albergano nel suo cuore, anche nel cuore dell'uomo di Dio. Elia ha appena terminato di far fuori più di 450 profeti del dio Baal (cap.18) e, naturalmente, si sente fiero di quanto ha fatto perché ritiene di aver servito la verità. Solo che Gezabele, venuta a sapere il fatto, si infuria e pretende la testa del profeta il quale fugge, terrorizzato, nel deserto. Durante il cammino, in preda allo sconforto per il fallimento della sua missione, prende la decisione di lasciarsi morire. Elia ritiene di aver servito bene il suo Signore, ma di aver ricevuto in cambio solo sofferenze e persecuzioni. In realtà non aveva ancora compreso che il Signore lo chiamava a operare una conversione, un totale cambiamento del suo modo di pensare Dio. Ci sarà una morte, certamente, ma non quella fisica. Sarà la morte di sé stesso, del suo orgoglio, del suo sentirsi l'unico giusto servitore di Dio (Signore, ti sono rimasto solo io! 1Re 19,10). Dovrà passare attraverso il deserto, purificare il suo cuore e imparare l'ascolto della Parola nell'umiltà e nel silenzio orante, le uniche strade che conducono all'incontro con Dio. In questo duro cammino Elia non è solo, un messaggero del Signore lo scuote, lo ristora con una focaccia e con dell'acqua (simboli della Parola di Dio) e lo costringe a riprendere il cammino nel deserto della vita. Corroborato da quel cibo Elia camminerà 40 giorni e 40 notti, (figura di tutta una vita) ripercorrendo il viaggio di Israele nel deserto, fino al monte di Dio, l'Oreb. Elia, che compie lo stesso cammino di Mosè che da solo era salito sull'Oreb dove aveva contemplato Dio faccia a faccia, si rifugia in una caverna e lì trascorre la sua notte. La notte è il tempo in cui tutto è buio e nulla si vede, il tempo in cui emergono le paure più nascoste, il tempo in cui Elia fa i conti con la sua fragilità, con il suo essere mortale, il tempo in cui viene tentato di percorrere strade più brevi ma senza uscita affidandosi alla distruttiva violenza "dell'uragano, del terremoto e del fuoco". In attesa che si palesino le prime luci del nuovo giorno. Ma quello a cui Elia, tenacemente e ferocemente, si aggrappa non è la vera immagine del Dio della vita, bensì un idolo di morte. È questa, una tentazione cui da sempre è sottoposta la Chiesa e ciascun credente: quella di essere la prima, di essere forte, potente, di essere l'unica maestra in grado di insegnare all'uomo. La tentazione di lasciarsi coinvolgere da quello spirito immondo che Gesù, nei 40 giorni nel deserto e durante tutta la sua vita, ha respinto con forza. Una Chiesa tentata di farsi forte tra i forti, una che conta tra coloro che contano, una Chiesa competitiva e sempre in cerca di privilegi. Una Chiesa che coltiva ancora il sogno della “cristianità” di costruire cioè una società cristiana, preoccupata più a distinguersi dal mondo che a dialogare con esso. “Una Chiesa che vuole affrontare il Golia del mondo con la spada, la lancia e l'asta di Saul piuttosto che con la disarmata fiducia di Davide” cf. 1Sam 17, 45). Elia finalmente comprende nel suo cuore che adesso può contemplare, anche se di spalle, il suo Dio e percepirne la Shekinà, la Presenza, in una “Qol Demamah Daqqah” (1Re 19,12), nel sussurro di una brezza leggera o, traducendo alla lettera, in “una voce di sottile silenzio”.
Il Dio che si manifesta ad Elia non sta nel clamore, ma nel silenzio, non è nella sanguinaria violenza della vendetta, ma nella costante, paziente e silenziosa preghiera. Dio è “Qol”, voce, ma ha anche il suo vertice nel silenzio orante, nel mistero ineffabile e invisibile, tant'è che l'ebraismo giammai pronuncerà il suo Nome affidandolo solo a quattro consonanti: JHWH. E nonostante ciò, Dio non è muto e nella sua esistenza Elia, in quel silenzio, ritroverà le sorgenti della sua nuova vita e della Parola del suo Signore, la sola in grado di operare discernimento e condurre alla salvezza.
di Santino Coppolino
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