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Pace: un trionfo effimero? Aristòfane e i meandri dell’animo

Atene, 421 a.C.: le due grandi poleis greche, Atene e Sparta, si accingono a firmare la pace di Nicia, ponendo fine alla prima fase della guerra del Peloponneso; nell’agòne (gara) comico delle Grandi Dionisie si aggiudica il secondo premio la commedia di Aristòfane intitolata “Pace” (Εἰρήνη, Eirène), in cui un contadino ateniese, Trigeo, con prometeico coraggio, raggiunge l’Olimpo a cavallo di uno scarabeo volante per ricondurre sulla terra la Pace, la dea Eirène, e trova che essa è stata rinchiusa da Pòlemos (la Guerra) in una grotta e che tutte le divinità, disgustate o vili che siano, sono fuggite via; da Ermes, intento anche lui a fare le valigie, viene a sapere che Pòlemos vuole mettere tutte le città greche in un mortaio per farne un pesto, ma gli mancano i pestelli, poiché Cleone e Brasida (i due generali rispettivamente di Atene e di Sparta) sono morti. Dopo varie peripezie, Trigeo riesce a sottrarre Eirène al terribile Pòlemos e a riportarla con Opòra (dea dell’Abbondanza) e Teoria (dea della Festa) sulla terra, dove essa continuerà ad elargire i suoi doni generosi agli uomini. Questa la trama della commedia, che è stata inserita per la prima volta con successo nel Calendario della Stagione 2023 al teatro greco di Siracusa, per la regia di Daniele Salvo, con Giuseppe Battiston attore protagonista. La commedia greca risente del clima di speranza che si diffonde ad Atene in vista del termine delle ostilità con la città rivale; il medesimo anelito alla pace si eleva oggi nel cuore dell’Europa, insanguinata dal conflitto in Ucraina. I classici ancora una volta danno voce all’attualità, illuminano i meandri oscuri dell’animo umano, occupati da una irriducibile ferocia. Per sgretolare il muro dell’indifferenza e dell’individualismo narcisistico dell’uomo contemporaneo non bastano articoli, dibattiti, conferenze, che intrappolano l’uomo in un circolo vizioso: egli ritiene di aver compreso nel momento in cui riconosce il suo pensiero aderente alle logiche del sistema stesso in cui vive. Il linguaggio da usare è un altro, è antico, è il teatro.

Nel teatro lo spettatore non assiste in modo passivo, ma si riconosce nei personaggi, si distacca da sé, si trasferisce in una situazione altra, dove domina il libero gioco della fantasia, il rovesciamento dei ruoli e delle gerarchie sociali, la libera satira contro governanti e politici; così accade che, attraverso il processo liberatorio delle risa, delle battute volgari e delle situazioni paradossali, si realizza la paidèia, l’educazione/formazione del cittadino, che si appropria dei valori fondanti della polis/città. Negli ultimi versi, nella gioia della Pace restaurata, Trigeo si scaglia contro i mercanti di armi, guerrafondai per interessi personali. Come sappiamo, la pace di Nicia durerà pochi anni, la guerra riprenderà nel 415 a.C. Il trionfo della Pace appare effimero; è questo il messaggio che implicitamente rivolge a noi Aristòfane? “Occorre una rivoluzione di mentalità per capire che la pace non è un dato, ma una conquista…prima che traguardo è cammino…cammino in salita…Col miraggio di una sosta sempre gioiosamente intravista, anche se mai -su questa terra s’intende- pienamente raggiunta” (don Tonino Bello).


di Tinuccia Russo

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