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Papa FrancescoUn pellegrino nella culla della civiltà Europea

Papa Francesco non smette di stupirci! Nel corso del suo viaggio apostolico in Grecia, si è lasciato andare ad un fuori programma: alle prime luci dell’alba ha fatto visita all’Acropoli di Atene, la parte alta della città che conserva i resti architettonici di quello che è stato, nell’antichità, il cuore pulsante del mondo e la culla della moderna civiltà europea ed occidentale. Possiamo dire che è stato questo l’omaggio del papa venuto “quasi dalla fine del mondo” alla Grecia e all’Europa intera, rimarcando così quello che in quei giorni ha più volte ribadito nei diversi contesti in cui si è ritrovato a parlare e cioè che senza Atene e senza la Grecia il mondo e l’Europa non sarebbero quello che sono oggi poiché è proprio da lì che gli orizzonti dell’umanità si sono dilatati.

Se volessimo sintetizzare in una battuta il senso del viaggio papale potremmo farlo dicendo che mentre la nostra società e il nostro sentire comune sembrano cedere il passo a qualcos’altro, Francesco è tornato alle radici, alle sorgenti della nostra civiltà e della nostra fede ripercorrendo le orme di filosofi come Socrate o Platone, di uomini politici quali Temistocle o Pericle, di discepoli del Cristo del calibro di Paolo e Barnaba.

Due le direttrici indicate dal papa in questa visita e consegnate a ciascun credente: riacquisire nella propria vita uno sguardo verso l’Alto e verso l’altro.

Verso l’Alto anzitutto: dalla Grecia grazie all’apostolo Paolo sono passate le vie del Vangelo che hanno unito oriente e occidente ed è stato proprio il greco la lingua utilizzata per tramandare i vangeli, i testi per eccellenza scritti “per portare nel mondo la buona notizia di un Dio amante dell’uomo”. Parlando alla piccola comunità cattolica - e a tutta la Chiesa - Francesco ha chiesto di tenere come riferimento e modello proprio San Paolo in quanto mentre avvertiamo tutti e un po’ dappertutto la fatica e talvolta la frustrazione di essere una piccola comunità, una Chiesa con poche forze che si muove in un contesto non sempre favorevole è la vicenda ateniese di Paolo ad aiutarci: lui era solo, in minoranza, con scarse probabilità di successo, ma “non si è lasciato vincere dallo scoraggiamento,” – ha detto il papa - “non ha rinunciato alla missione. E non si è lasciato prendere dalla tentazione di lamentarsi (…) Ecco l’atteggiamento del vero apostolo andare avanti con fiducia ma senza trionfalismi, preferendo l’inquietudine delle situazioni inattese all’abitudine e alla ripetizione”.

Lo sguardo proteso verso Dio non può che passare da uno sguardo che si posa sull’altro che ci è accanto ed incontrando le autorità elleniche papa Francesco ha tenuto a ricordare che il mare su cui la capitale della Grecia si affaccia orienta la vocazione di quella terra, posta nel cuore del Mediterraneo e di tutto il continente europeo ad essere ponte e porta per tutte le genti: “qui, secondo la nota affermazione di Socrate, si è iniziato a sentirsi cittadini non solo della propria patria, ma del mondo intero.

Qui l’uomo ha preso coscienza di essere ‘un animale politico’ e, in quanto parte di una comunità, ha visto negli altri non dei sudditi ma dei cittadini”. Questo richiamo forte del papa a riappropriarci come europei e come abitanti del mediterraneo di valori, di ideali e di politiche che mettano al centro la persona umana senza alcuna distinzione etnica lo ha ribadito nella visita al campo profughi sull’isola di Lesbo, luogo simbolo di quello che l’Europa e i cittadini europei non sono per storia, cultura e tradizioni.

Nel Natale che stiamo celebrando, nel mistero del Dio fattosi uomo e per ogni uomo che contempliamo possano riecheggiare nei nostri cuori, nelle nostre case, nella nostra comunità le parole del papa e questo guardo da recuperare e di cui riappropriarci verso l’Alto e verso l’altro sia il l’augurio più sincero che ci scambiamo reciprocamente oggi e il miglior auspicio per l’avvenire.

di Gabriele Panarello


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