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Per “leggere” la Bibbia

Leggere la Bibbia dovrebbe essere l’esercizio quotidiano del buon cristiano, che ritaglia per sé un cantuccio meditativo e arricchisce di senso il proprio vivere attraverso l’intimo dialogo con la Parola; tale esercizio implica uno sforzo intellettuale, necessario alla comprensione, e nello stesso tempo è possibile solo attraverso una lettura “spirituale”, guidata dallo Spirito Santo, che rende l’uomo, che a Lui si affida, “sapiente” in senso cristiano, capace cioè di osservare, ascoltare, discernere il bene dal male con la stessa tenerezza che Dio riserva alle sue creature. La frequentazione delle Scritture fa dell’uomo un docile ospite dello Spirito, uno strumento della Sapienza divina. Proprio per il fatto di essere parola di Dio espressa in lingua umana, la sacra scrittura impegna l’interprete in un’attività di comprensione che non può prescindere dallo studio dei generi letterari che in essa sono presenti e che ci dicono molto dell’epoca in cui l’agiografo (lo scrittore sacro) ha operato; può essere gustata, quindi, alla stregua di un testo letterario, attraverso un’analisi volta a rintracciare un messaggio, espresso secondo scelte linguistiche e stilistiche efficaci, atte sia a stimolare immagini ed emozioni sia ad accendere le competenze interpretative di chi legge. Leggendo la Bibbia possiamo imbatterci in testi giuridici (riferiti a riti, sacrifici, leggi del popolo di Israele), testi poetici (presenti in tutti i libri, in forma di canti nati dalla spontanea espressione dei sentimenti, e in particolare nel libro dei Salmi), testi profetici (contenenti la predicazione, i discorsi, le visioni dei profeti), testi apocalittici (dal carattere simbolico, spesso incomprensibili, volti ad affermare la vittoria del disegno di Dio sulla storia), parabole (presenti nel Vangelo e usate da Gesù per insegnare la verità), preghiere di varia tipologia (di lode, benedizione, ringraziamento, supplica), racconti di vocazione, testi storici, testi sapienziali (che racchiudono massime e proverbi della saggezza di Israele), epistole (le lettere agli Efesini, per esempio, e ai Romani): la Parola di Dio è comunicata attraverso vari generi letterari e per poterla comprendere bisogna saperla interpretare. Forse il tratto peculiare della Bibbia è il non dire mai tutto, che obbliga il lettore ad entrare nella trama e a prendere una posizione; il testo sacro è pieno di ellissi, di salti, di penombre e chi si avventura in esso non può farlo senza una guida che lo metta a parte della metodologia esegetica. Bisogna approfondire la tecnica narrativa, prendere in seria considerazione la dimensione retorica del testo, conoscere il tempo, il luogo in cui avvengono i fatti narrati, capire il contesto culturale in cui l’autore ha operato. Il credente, tuttavia, non deve scoraggiarsi; l’esegesi biblica è un mezzo, non un fine. Affidarsi alla guida dello Spirito Santo e armarsi di pazienza costituiscono un buon approccio al testo sacro. Nello studio della Parola bisogna, infatti, avere sempre presente che “la Parola rinvia a ciò che accade per mezzo di essa, piuttosto a ciò che è accaduto prima di essa” (P. Beauchamp).


di Tinuccia Russo




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