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Perché proprio me

Da tanti anni, m’avvio con la grazia di Dio verso i cinquant’anni, rendo alla chiesa per l’umanità il ministero presbiterale: semplicemente sono prete. Ogni giorno scelgo e decido di mantenere fede ad una scelta che ho fatto fin da bambino, o forse meglio dovrei dire rispondo ad una “chiamata” con motivazioni sempre più articolate, comunque in continuità con l’opzione originaria, in rapporto alle diverse stagioni della vita e delle situazioni in cui si è concretizzato e si concretizza il mio essere prete.

Da bambino ero attratto dai riti, dall’ambiente sereno e stimolante della parrocchia, da alcuni preti che sentivo come modelli di vita. Nei lunghi anni di formazione tra il Seminario di S. Lucia del Mela, di Messina, e la vita comune in una casa dei pp. Venturini a Zevio di Verona, nonché il pensionato ecclesiastico di Roma ed tirocinio pastorale a S. Cleto, una periferia, della città eterna, ho potuto mettere a fuoco la mia crescita di fede negli anni della contestazione giovanile, della primavera del Concilio Ecumenico Vaticano II, dei grandi mutamenti della società italiana nel contesto internazionale. Gruppi di giovani miei coetanei, studi seri e approfonditi nelle università ecclesiastiche ed nella statale, incontri con autentici maestri di vita, formatori ed educatori di grande umanità e dí spiritualità, confronti con colleghi studenti di filosofia, di teologia, provenienti da altri mondi culturali, hanno contribuito alla mia maturazione nell’itinerario verso il ministero ordinato: mi hanno forgiato.

In realtà poi, posso tranquillamente affermarlo, ho appreso a diventare prete/pastore dalle persone, dal gregge, a cui sono stato di volta in volta inviato: fanciulli, ragazzi e giovani, adulti, anziani… insomma dal popolo di Dio. La mia “idea” di prete ha dovuto fare, e continua a fare, i conti con le attese della gente più che non con i documenti magisteriali, pur sempre importanti ma forse distanti dal vissuto, dalla quotidianità.

Il senso di inadeguatezza, la stanchezza, che talora mi hanno accompagnato sono tuttavia poca cosa di fronte alla fiducia/consapevolezza inconcussa di essere creta nelle mani del Vasaio. Se provo una vertigine nel pronunciare il mio “Ecco, manda me”, sono stupito della tenerezza del Dio che mi usa misericordia.

Risuonano per me di monito e di stimolo le parole di Benedetto XVI: “Non saranno le tattiche a salvarci, a salvare il cristianesimo, ma una fede ripensata e rivissuta in modo nuovo, mediante la quale Cristo, e con Lui il Dio vivente, entri in questo nostro mondo”.


di Mons. Santo Colosi



 

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Creato da Filippo Maniscalco

Gestito Antonino Cicero

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