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Privacy violata, vita rubata

In un mondo dove la tecnologia evolve più rapidamente di quanto riusciamo a comprenderla, le nostre informazioni personali sono diventate la moneta più preziosa e vulnerabile. Gli attacchi recenti ai sistemi della polizia giudiziaria e le infiltrazioni di hacker italiani all’interno di istituzioni governative dimostrano una realtà inquietante. E ci si chiede: se informazioni come quelle governative o dei nostri parlamentari vengono esfiltrate così facilmente come siamo messi noi comuni mortali? Peggio, molto peggio. Ma questa situazione è migliorabile. Questo anche grazie alla recente normativa non solo il GDPR, ma anche la NIS2.

Per capire come siamo arrivati a questo punto, bisogna tornare all’inizio dell’era dei social network. Piattaforme apparentemente gratuite come Facebook e Instagram ci hanno permesso di connetterci con il mondo intero, ma ad un prezzo nascosto. Gli utenti hanno offerto inconsapevolmente i loro dati personali in cambio di una “gratuità” illusoria. I giganti tecnologici, da parte loro, hanno iniziato a monetizzare queste informazioni: un “affare” che solo oggi si rivela nella sua complessità e pericolosità.

Il caso di Cambridge Analytica è un esempio chiave. Questa organizzazione ha utilizzato dati personali per manipolare elezioni, ma non sono solo i grandi poteri a sfruttare le nostre informazioni. Allo stesso tempo persino individui comuni, sfruttando i contenuti che condividiamo sui social, possono accedere e vendere immagini o video personali nel dark web, dove spesso circolano anche materiali intimi senza consenso. Basta un clic per ritrovare foto familiari o video privati venduti al miglior offerente, inclusi coloro con intenzioni più oscure.

Spesso percepiamo i crimini informatici come “meno gravi” rispetto a quelli fisici, almeno finché non ne diventiamo vittime. Ricevere una telefonata indesiderata da un call center è irritante, certo. Ma cosa ancor più grave è sarebbe che chi chiama avesse accesso a informazioni intime, come la nostra cartella clinica o immagini dei nostri figli. Il valore dei dati non si limita ai soldi, bensì alla nostra stessa sicurezza emotiva e sociale.

Prendiamo ad esempio le giovani donne iscritte a piattaforme come OnlyFans. Molte di loro si trovano vittime di reati odiosi, con contenuti sottratti e condivisi senza consenso. Alcune devono cambiare città, altre subiscono umiliazioni pubbliche o aggressioni verbali e fisiche. E, al di là del giudizio morale, è chiaro che la colpa non è mai della vittima: c’è una differenza tra condividere un contenuto e subirne il furto.

Le generazioni più giovani sono cresciute in un mondo digitale, ma spesso senza una guida capace di spiegare i rischi. I genitori, ignari delle dinamiche della rete, faticano a offrire una vera educazione su privacy e sicurezza. È un divario che diventa evidente persino nei tribunali, dove i giudici devono ordinare ai genitori di rimuovere le immagini dei figli dai social. La speranza è che le nuove generazioni, con una maggiore consapevolezza, possano invertire questa tendenza.

Di fronte a questa realtà, diventa fondamentale adottare una “igiene digitale” quotidiana. Ecco alcuni consigli pratici per proteggere i nostri dati personali:

1. Limitare i consensi: Non accettare automaticamente tutti i cookie; seleziona solo quelli strettamente necessari.

2. Gestire le email con attenzione: Evita di inserire la tua email su siti sospetti o non verificati.

3. Fai attenzione al phishing: non aprire link o allegati sospetti, e verifica sempre la provenienza dei messaggi.

4. Usa password sicure: cambia password di almeno 10 caratteri, complesse, e attiva l’autenticazione a due fattori dove possibile.

5. Condividi con consapevolezza: prima di pubblicare i tuoi momenti sui social pensa se ne vale veramente la pena. Soprattutto nei confronti dei minori. Il tuo “amico” online che neanche conosci potrebbe essere il tuo nemico.

È tempo di comprendere che ogni nostro dato ha un valore e per questo deve essere riservato. Adottare misure preventive non è solo una questione di sicurezza ma di responsabilità verso il prossimo. Come ci dice San Giovanni Paolo Secondo “La libertà non consiste nel fare ciò che ci piace, ma nell’avere il diritto di fare ciò che dobbiamo” per noi stessi e per il prossimo.


di Antonino Cicero


Immagine creata dall’AI


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