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Ricordare il Concilio Ecumenico Vaticano II Tenere viva la memoria

Chi è nato dopo gli anni sessanta non può neppure immaginare quante cose nuove ed importanti abbia introdotto il Concilio Vaticano II (1962-1965) non solo nella vita della chiesa, ma anche nel modo di concepire il rapporto chiesa, mondo, non cattolici. Solo i nonni dei giovani di oggi possono ricordare qualcosa della chiesa preconciliare. Un’altra chiesa cattolica? No di certo, ma è pur vero che dal Concilio nasce una capacità rinnovata di dare più slancio evangelico alla vita ecclesiale: “non è il Vangelo che cambia, siamo noi che cominciamo a comprenderlo meglio”, aveva detto Giovanni XXIII. Occorre sottolineare infatti che con il Concilio non nasce una chiesa in discontinuità con la precedente, ma una chiesa che ripensa radicalmente le forme più adatte ad annunciare il Vangelo di sempre nel mondo di oggi. Sembra un cambiamento di poco conto ma questo fatto ha enormi conseguenze praticamente in tutti i diversi ambiti della vita ecclesiale e sociale. Basta fare qualche esempio: nel rapporto con i cristiani di altre confessioni (protestanti ed ortodossi) per secoli si era sviluppata una prospettiva conflittuale e di mera contrapposizione, spesso solo strumentale, incurante dei numerosi punti di contatto fra cristiani di chiese diverse. Dopo il concilio non si nascondono le diversità ma prevale il metodo del dialogo che, come scrive Paolo VI, è il modo con cui Dio si relaziona agli uomini. La stessa cosa vale per il rapporto con le altre religioni (islam, buddhismo, induismo, etc) che prima venivano viste solo in negativo, come veicolo di falsità ed errori, ma dal Concilio in poi si riconoscono i tanti aspetti positivi di ricerca di Dio o comunque di ricerca spirituale. All’ebraismo, dopo tanti secoli di antigiudaismo di matrice cristiana, si riconosce giustamente un ruolo specifico, molto particolare, perché più diretto ed interno alla storia della chiesa (sono i fratelli maggiori dei cristiani) . Che dire poi di un diritto fondamentale come la libertà religiosa? Da 60 anni i papi difendono con insistenza questo principio e i diritti umani in genere, non solo per i cattolici, ma prima del Concilio non era così. In definitiva, quindi, la svolta della chiesa cattolica dopo il Concilio consiste nella difesa e nella promozione dell’umano, della persona, ovunque si trovi, indipendentemente dalle diverse appartenenze culturali, religiose, sociali, politiche. Questi i risultati più positivi, ma quali ritardi e criticità persistono? Nel rapporto fra gerarchia ecclesiastica e fedeli è cambiato purtroppo molto poco perché la dimensione verticale prevale troppo spesso su quella comunionale-orizzontale per cui il concetto di popolo di Dio, sviluppato nei testi conciliari, è stato mortificato. Inoltre, c’è da dire, che la riforma liturgica stenta ancora a decollare, nonostante i tanti innegabili sforzi. Il cammino di sinodalità che da un anno è iniziato in tutte le diocesi, sta continuando e potrebbe rappresentare la soluzione migliore per dare le risposte più adeguate alle maggiori criticità della chiesa cattolica. Occorre riconoscere che in questi anni, grazie soprattutto a papa Francesco, c’è una forte ripresa dei principali temi conciliari. I laici dovrebbero assumere con più coraggio e creatività quel ruolo importantissimo che il Concilio gli ha riconosciuto: pari dignità con tutti i fedeli nell’edificare il Corpo di Cristo (LG 32, 366). Se non ora, quando?


di Dino Calderone



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