Ripiombati nella DAD Quali conseguenze?
La crescita della curva dei casi di Covid-19, dopo le feste natalizie, ha indotto vari governatori regionali a prolungare la sospensione delle attività didattiche in presenza per le scuole superiori, in Sicilia a distanza ormai da più di tre mesi. In molte città anche i bambini e i ragazzi delle scuole del I ciclo e delle scuole dell’infanzia, anche se per periodi più limitati, sono stati costretti a mantenere i contatti con il gruppo classe solo attraverso uno schermo.
Pur riconoscendo la necessità di arrestare la curva del contagio anche con la sospensione della didattica in presenza, evidenti sono taluni problemi organizzativi legati alla DAD come le difficoltà dei genitori a badare ai figli piccoli a casa in orario di lavoro, per gli studenti computer e tablet da condividere con fratelli e genitori oppure difficoltà varie di connessione. Particolarmente pesanti risultano le conseguenze psicologiche e sulla tenuta del sistema scuola del nostro Paese. Numerose indagini epidemiologiche effettuate sulla popolazione italiana in età scolare hanno evidenziato l’aumento di ansia, stress, stanchezza e apatia. Molti ragazzi, soprattutto quelli delle scuole superiori delle regioni, come la nostra, ove le attività a distanza si protraggono ormai da mesi, dopo il periodo natalizio sembrano spenti e sfiduciati. Ai ragazzi, infatti, manca l’interazione sociale, essenziale per un apprendimento significativo, soprattutto manca il tempo trascorso insieme con compagni e docenti, mancano le esperienze di crescita e di maturazione che si possono vivere solo a scuola. Inoltre, gli studenti impegnati a lungo nella DAD rischiano di accumulare un divario formativo rispetto ai propri coetanei che difficilmente potrà essere recuperato. A ciò si aggiunge, come evidenziato recentemente da Save the Children, il rischio dispersione, in aumento soprattutto al Sud e nelle famiglie più fragili, laddove non ci sono dispositivi adeguati o dove i genitori non sono in grado di affiancare i propri figli nello studio in modo adeguato. Insomma, la DAD rischia di aumentare le disuguaglianze sociali, di far crescere scolari poco preparati, demotivati, distratti, nevrotici e, a volte, ansiosi o depressi.
Quali rimedi? Nel breve periodo i docenti possono solo curare la relazione educativa con gli studenti, far capire che si è loro vicini pur nella lontananza fisica, dedicando tempo all’educazione a riconoscere ed esprimere i propri sentimenti e cercare, per quanto possibile, di usare strategie collaborative e di rendere i discenti protagonisti del proprio apprendimento. Sembra una sfida quasi impossibile ma molti docenti ormai da quasi un anno l’hanno raccolta, lavorando molto di più e sperimentando nuove strategie didattiche.
Quanto ai danni educativi, affettivi e formativi provocati dalla DAD, si potranno verificare ed affrontare nel lungo periodo soltanto quando torneremo a scuola: come ha affermato recentemente su “Avvenire” lo scrittore Ferdinando Camon, “la DAD non è scuola”.
Alessandro Di Bella
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