Santi TRE GIOVANI DEL NOSTRO TEMPO
- taborsettepuntozer
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Affrontare il discorso della santità oggi non può farci rimanere bloccati su alcuni motivi tradizionali, secondo cui chi è chiamato ad essere santo vive in una dimensione distaccata dal reale e idilliaca. Da sempre, i testimoni di santità ci insegnano l’integrazione nel tempo che viviamo, nei contesti sociali dove trascorriamo gran parte delle nostre giornate, nelle criticità tipiche della nostra esistenza terrena e, specificamente, dell’essere giovani.
In quest’anno santo vivremo la canonizzazione di due giovani beati che, pur avendo vissuto in epoche diverse, si collocano in uno stesso spaccato ancora pieno di senso, anche per la nostra contemporaneità: Carlo Acutis e Pier Giorgio Frassati. La domanda potrebbe sorgere spontanea: quanto contano le figure giovanili all’interno di comunità ecclesiali dove la presenza numerica degli adolescenti e dei giovani è, in modo oggettivo, sempre più bassa? Assodato che i santi non hanno dei destinatari privilegiati e non sono testimoni per compartimenti stagni, ci viene immediato pensare ai santi giovani come a persone per cui è facile sviluppare un senso di empatia; ma come possiamo parlarne alle generazioni del duemilaventicinque con fare credibile e significativo? Vorrei consegnare per ognuno di loro un punto cardine, che possiamo desumere dalle esperienze di vita e, quindi, di fede.
Di Pier Giorgio Frassati, figlio di una delle principali famiglie della borghesia torinese, salta all’occhio il saper rinunciare: Pier Giorgio vive il sacrificio non in modo vessante, ma come opportunità da cui poter imparare qualcosa; lui è in grado di risignificare le rinunce personali e professionali come parti di un disegno più grande e importante, voluto da Dio. Nell’epoca della “rinuncia impossibile”, dove accettare i “no” sembra essere la cosa più difficile da fare, l’esempio di Frassati ci ricorda quanto vale fermarsi, ricalibrare il percorso e proseguire per un sentiero nuovo, forse più adatto a noi.
Di Carlo Acutis, invece, sottolineo la sua ingegnosità; è stato un ragazzo capace di impiegare le risorse della tecnologia (che cominciava a diffondersi sistematicamente in quegli anni) in modo produttivo, alla portata di tutti. Una tale cura degli strumenti che abbiamo a disposizione ha molto da dirci sul rapporto tra naturale e artificiale, reale e virtuale, umano e tecnologico. Viviamo immersi in una dimensione dove spesso perdiamo il senso della realtà non solo nelle relazioni interpersonali, ma anche nella gestione del creato: pensare di poter esercitare un controllo totale sulla natura ci rende piuttosto distruttori, che creatori sapienti.
Oltre a questi due fulgidi testimoni di cristianità autentica, aggiungo un altro esempio legato al nostro territorio diocesano: Francesco Davide Salmeri, giovane milazzese che nei suoi brevi quindici anni ha incarnato la bellezza dell’ordinario attraverso un vissuto che, per la nostra chiesa di Messina Lipari S. Lucia del Mela, è motivo di orgoglio e di una santità che si fa prossima.
Tre giovani accomunati dalla voglia di rendere la propria gioventù un’età generativa, tre storie da cui non possiamo che imparare e impegnarci affinché la nostra identità cristiana non rimanga un fatto esteriore, ma diventi vita attiva nel tempo affidatoci.
di Alessandro Aspa

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