Seguire la stella per l’alba di un nuovo Umanesimo
Le chiese sono spoglie. No, non mancano fiori o addobbi, cose di cui si potrebbe anche fare a meno; manca, invece, la gioiosa vitalità, manca la creativa intraprendenza degli adolescenti e dei giovani. Dove sono? Li puoi trovare di notte, nel buio di esistenze consumate dalla ricerca ossessiva di ciò che fa stare bene, di ciò che piace, perché “la vita è breve e va goduta”, di ciò che non fa sentire meno soli, ad ogni costo. Di giorno li puoi trovare a scuola, nelle università, al lavoro; perché pensano al loro futuro; anzi, sono presi dal desiderio di arrivare, di guadagnare tanto da potersi permettere viaggi, vestiti firmati, amicizie importanti, vacanze in luoghi da sogno, cibi raffinati, da documentare rigorosamente con foto sui social. Alla faccia di chi nella vita non “è riuscito”. E gli adulti? Dove sono? La generazione degli “anta”, ripiegata su se stessa, da un lato tende ad una miope esaltazione di ciò che è stato, rifugiandosi nel rassicurante passato; dall’altro, si illude di trattenere a sé la vita, ostentando uno sterile atteggiamento giovanile, inconscia reazione al vuoto creato dall’assenza dei propri “figli”. Persi tra passato e presente, si giocano il futuro. Il problema non sono le chiese vuote; il problema, piuttosto, è riuscire a trovare noi stessi, a riappropriarci di quell’essenza tutta umana che abbiamo perso di vista. È chiaro che stiamo vivendo un’età di passaggio, un periodo critico che, come ha affermato il cardinale Zuppi in un’intervista all’Osservatore Romano, ci sta conducendo verso un nuovo “modello antropologico”, del quale percepiamo le nuove istanze, incapaci, tuttavia, di ricomporle in unità. Noi, cristiani smarriti, abbiamo bisogno di ritrovare l’orientamento. E il nostro oriente è Gesù. Si tratta di guardare a Lui, alla sua Umanità per ritrovare nuova dignità, quella di figli dello stesso Padre e di fratelli, che camminano insieme per costruire un mondo più giusto, più vivibile. Potrà avvicinarsi così l’alba di un nuovo Umanesimo, se proveremo a dire, com’era solito don Milani, “I care”, “mi importa”: non sarà necessario allora andare in Africa o in America latina, potremo essere una Chiesa in missione nelle nostre case, nelle nostre città, nei nostri posti di lavoro, se ci prenderemo cura dei fratelli, del pianeta, di noi stessi. Saremo testimoni di Cristo con la nostra vita e in modo coerente e gioioso potremo annunciare la Salvezza che viene solo da Lui. In questo inizio d’Avvento, mettiamoci in cammino seguendo la stella da oriente, come fecero i magi; non resteremo delusi.
di Tinuccia Russo
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