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Sperare ancora Sperare è at-tendere

A tutti sarà capitato di dire o di sentirsi dire “Chi di speranza vive, disperato muore”, con la chiara percezione che è necessario darsi da fare per realizzare ciò che si desidera; all’uomo, infatti, nulla viene, se non a costo di fatica e perseveranza; l’atto stesso del disperare, consistendo in una realizzazione, spinge a guardare ad una nuova mèta, confermando, al contrario, che la speranza è l’ultima a morire. Sete di beni terreni che inganna, che mai si estingue. Come si pone il cristiano di fronte alla speranza? La Speranza, insieme alla Fede e alla Carità, è una delle tre virtù teologali (dal greco theòs, Dio, e lògos, parola, indagine), così chiamate perché sono un dono di Dio e hanno Dio come riferimento; spesso siamo portati a considerare più importanti la Fede e la Carità, non ci accorgiamo che è proprio la Speranza a tirare con sé le altre due, che senza di lei non sarebbero nulla. Bene ha espresso questo concetto lo scrittore francese Charles Peguy (1873-1914); le tre virtù “sono creature di Dio: la Fede è una sposa fedele, la Carità una madre, la Speranza è una bambina che da sola attraversa i mondi, come quando guidò i tre magi alla grotta di Betlemme, conducendo per mano le due sorelle maggiori sulla strada accidentata della salvezza. E’ lei, quella piccina, che trascina tutto. Perché la Fede non vede che quello che è. E lei vede quello che sarà. La Carità non ama che quello che è. E lei ama quello che sarà. Dio ci ha fatto speranza”. (Charles Péguy: “La speranza bambina”). La Speranza è un dono di Dio; è at-tendere a Dio e al suo amore, che non dipende dall’uomo, ma che gli è donato gratuitamente; sperare è attendere la felicità, non quella soggettiva, volta al soddisfacimento dei propri bisogni, ma quella oggettiva, che guarda al bene del prossimo e del creato, dalla quale dipende la felicità soggettiva stessa. Di fronte alle difficoltà, il cristiano non si abbatte e crede che il domani sarà un giorno migliore; “sperare”, infatti, “è difficile…Per sperare bisogna essere felici, bisogna aver ricevuto una grande grazia” (Charles Péguy: “La speranza bambina”), il fiume inesauribile della grazia che sgorga da Dio. La Speranza è Dio, che attende che il peccatore si ravveda, che è percorso dall’ansia di vedere al più presto la salvezza della sua creatura, anche la più misera, che trema al brivido della morte di uno dei suoi figli. Egli lascia novantanove pecore per cercarne una. Una vale novantanove; come è possibile ciò? Quella sola “ha fatto tremare il cuore stesso di Dio…Del tremore stesso della speranza…Perché tutti gli altri Dio li ama in amore. Ma quella pecora Gesù l’ha amata anche in speranza” (Charles Péguy: “La speranza bambina”).

Di Tinuccia Russo



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