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Stabat Mater. Nel dolore di Maria, il dolore di ogni madre

Ogni anno il tempo di quaresima e la celebrazione della Pasqua ci aiutano a far memoria del patire di Gesù, il Servo sofferente dalle cui piaghe siamo stati guariti, ma il nostro sguardo contempla anche la sofferenza della sua Santissima Madre Maria che è stata strettamente associata alla sua passione e con lui ha cooperato alla nostra salvezza. Il testo che ha attraversato i secoli ed ha commosso generazioni di cristiani per la sua grande umanità è la sequenza Stabat mater dolorosa che risale al XIII secolo e viene attribuito al beato Jacopone da Todi, poeta e mistico.

È una meditazione sul dolore della Vergine Madre che sta ai piedi della croce su cui è inchiodato il Figlio, ma è anche, per il credente, un volersi associare attraverso la preghiera a quello stesso dolore. La preghiera viene cantata dai fedeli nella Via Crucis e nella processione del Venerdì Santo: “Sta la Madre dolorosa presso il legno lacrimosa mentre pende il Figlio; e quell’anima gemente, contristata e insiem dolente, una spada penetra… E piangeva e si doleva Madre pia, mentre vedeva del Figliuol gli spasimi… Ella vide il Figlio amato negli estremi desolato esalar lo spirito… Presso il Legno con te starmi ed a Te, Madre associarmi nel pianto desidero…”.

Questi stralci di versi del doloroso canto fanno risuonare le parole del vecchio Simeone che, quando Maria e Giuseppe presentano il Bambino Gesù al Tempio di Gerusalemme, profetizza che una spada trafiggerà l’anima della Madre (cf Lc 2, 34-35), profezia che troverà la sua realizzazione sul Golgota: “Stavano presso la croce di Gesù sua madre, la sorella di sua madre, Maria madre di Cléopa e Maria di Màgdala” (Gv 19, 25).

Ci sembra di vederla, Maria, tra la folla, dietro il Figlio che faticosamente avanza portando il legno della croce, sostenuta dalle altre donne e dal discepolo amato, percorrere le stradine che da Gerusalemme portano fuori le mura della città, verso la collina del Calvario. Ci sembra di sentire i suoi singhiozzi, il suo lamento, il suo ansimare per la fatica della salita e per il dolore che toglie il respiro. Nessuno avrebbe potuto impedirle di stare là presso la croce, né i soldati, né i sacerdoti, né le autorità romane, né la folla. È il suo amore che le dà il coraggio di stare là, con la sua presenza affettuosa, balsamo per il Figlio agonizzante. Il sacrificio di Gesù che ci dà salvezza diventa anche quello di Maria. Lei che con l’incarnazione aveva detto il suo sì al progetto di Dio rinnova ancora il suo eccomi ai piedi della croce.

L’arte ci aiuta in questo immedesimarci nel dolore della Vergine Madre. Infatti posando lo sguardo ammirato sulla scultura marmorea della Pietà di Michelangelo, immaginiamo di stare ancora lì, sul Calvario, simboleggiato dalla sporgenza rocciosa su cui siede Maria con il Figlio sulle gambe, quasi testimoni del lento, affettuoso, delicato calare del corpo di Gesù che da braccia amiche viene deposto sul grembo della sua mamma che sembra cullarlo nell’abbandono del sonno mortale. Come non compatire i dolori di Maria chiedendo la grazia di partecipare con Lei alla passione del suo Gesù?

Anche la realtà che viviamo quotidianamente ci dà questa possibilità. Se il dolore del Cristo diventa presente in ogni uomo che soffre, così è anche per la Madre dolente immagine delle madri addolorate del nostro tempo. Le madri che piangono la perdita dei figli nelle guerre in Ucraina, in Yemen, in Siria, in Libia, in Somalia, in Sudan, in Afghanistan, in Congo, in Israele, in Palestina, in Mali e in tutte le altre terre di questo martoriato nostro pianeta. Le mamme di Plaza de Mayo che cercano giustizia per i loro figli arrestati, torturati, scomparsi, assassinati. Le madri delle vittime ammazzate dalle mafie. Le madri di tutti quei figli che si sono ammalati e sono morti a causa dei veleni che esalano dalla Terra dei fuochi. Le madri delle donne vittime di femminicidio, di tutti quei figli morti per incidenti sul lavoro, le madri delle vittime della strada. Da ogni angolo della terra il pianto delle madri è lo stesso di Maria; a Lei addolorata ma mai disperata, guardiamo come modello di quella grande fede che permette di sperare oltre ogni speranza e di vedere oltre il buio della morte la luce della Risurrezione.


di Pina Torre


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